mercoledì 30 settembre 2015

SCANDALOSI LEGAMI - VENTITREESIMA PUNTATA

*Attenzione!* Per gli argomenti trattati, questo racconto è riservato ad un pubblico adulto.


Viola non riusciva a muoversi. Sentiva lo sguardo di Jacopo su di sé, intenso, paralizzante. Non sapeva cosa doveva fare. Si sforzò di respirare regolarmente e allungò timorosa una mano per sfiorargli il petto. – Posso?
Lui rise piano. – Certo.
Col cuore che le tamburellava contro lo sterno, Viola lasciò scorrere i polpastrelli sugli addominali scolpiti, sfiorando ogni muscolo. Erano tesi, duri come la pietra. Incredibilmente erotici. La pelle, calda come in preda alla febbre, era leggermente umida. Gocce di sudore ricadevano sul torace di Jacopo e tra la peluria scura che gli ricopriva il petto, fino a sparire all’interno del jeans.
Viola si morse il labbro e gli sbottonò i pantaloni, trattenendo il respiro. Le dita tremanti abbassarono la zip per poi insinuarsi all’interno, sotto i boxer.
Un ansito le uscì dalla gola secca. – Santo cielo, sei così duro!
Accarezzò piano l’intera lunghezza del pene di Jacopo, lanciandogli un’occhiata stupita. Lui però la bloccò, afferrandole la mano e stringendogliela in una morsa d’acciaio. Viola sussultò. – Ti ho fatto male? Mi spiace.
Lui rise di nuovo, ma stavolta la sua risata risuonò bassa, un po’ roca. – No, non mi hai fatto male. Ma se continui così, rischio di venire nei pantaloni e finirà tutto prima di cominciare.
– Oh, scusami.
– Non c’è nulla di cui tu debba scusarti, Viola. Non hai fatto niente di sbagliato. È solo che… Dio, ti desidero così tanto.
All’improvviso, quasi senza che se ne rendesse conto, Jacopo la sollevò tra le braccia e la depositò sul letto. Viola percepì la morbidezza del materasso e il calore del piumone contro la pelle. Lasciò che lui le togliesse le scarpe e gli slip. Poi fu il turno delle autoreggenti. Le sfilò prima una calza e poi l’altra, lasciandola completamente nuda, esposta al suo sguardo.
– Permettimi di prendermi cura di te, Viola.
Lei annuì. Non riusciva a muovere un solo muscolo. Il cuore le rimbalzò nel petto, lo sentiva pompare frenetico persino nelle orecchie. Si impose di restare calma, ma non era facile con l’uomo dei suoi sogni davanti a lei, a torso nudo, intento a fissare ogni centimetro del suo corpo. A un tratto lui si mosse, si mise a cavalcioni su di lei cominciando ad accarezzarla piano. La sua mano si muoveva lenta sulla sua pelle, sfiorandole prima una guancia, poi il lobo di un orecchio, infine il collo.
Viola iniziò ad ansimare.



Jacopo le afferrò un seno, soppesandolo; lo sguardo serio, concentrato.
– Lo so, sono troppo piccoli – fece lei, desiderando di poter andare a nascondersi. – Mi dispiace.
– Viola, sono perfetti. E smettila di dire che ti dispiace.
In risposta lei si morse di nuovo il labbro e Jacopo le circondò il capezzolo tra pollice e indice, pizzicandolo leggermente e strappandole un sospiro. Adesso era difficile restare fermi. Si sentiva accaldata, pervasa da una smania febbrile che non aveva mai provato in vita sua e che non riusciva a comprendere fino in fondo. Sapeva solo di volere di più. Di averne bisogno.
La mano di Jacopo si posò sull’altro seno, ripetendo tutto da capo. Era al contempo estasi e tormento. Viola si lasciò sfuggire frasi sconnesse, senza senso, mentre si inarcava verso quelle mani che la stavano facendo impazzire.
Avrebbe voluto che Jacopo le prendesse i capezzoli in bocca, come aveva fatto quel pomeriggio in macchina, solo che non osava chiederlo. Si vergognava troppo. Eppure, quasi le avesse letto nel pensiero, lui chinò le labbra su di lei per catturare la punta eccitata di un seno. Viola sentì la lingua di Jacopo guizzare intorno al capezzolo, solleticarlo, avvolgerlo.
Le vennero quasi le lacrime agli occhi per il piacere e si dimenò, strofinando il pube contro il suo bacino. Poteva sentire la sua erezione attraverso la spessa stoffa dei jeans. Cielo, non sapeva se provare vergogna o soddisfazione. L’unica cosa certa era che voleva quell’uomo con ogni fibra del proprio essere.
Sarebbe morta se anche stavolta lui si fosse tirato indietro.
– Oh, ti prego… non smettere! – supplicò col cuore in gola. Sapeva di risultare sfacciata, ma non poteva evitarlo.
La voce di lui, roca e profonda, la rassicurò. – Tranquilla, piccola. Non ne ho la minima intenzione. Questo è solo l’inizio.
Oh. Mio. Dio.
Solo l’inizio, aveva detto? Lei si sentiva andare a fuoco. Non era certa di riuscire a resistere a lungo a una tale tensione. Intanto, la mano di Jacopo proseguì la propria esplorazione. Mentre la bocca si trasferiva sull’altro capezzolo, le dita scesero sul ventre, sfiorandole l’ombelico e andando oltre. Viola lo sentì giocare coi peli del pube e insinuarsi tra le pieghe del sesso.
Un mugolio sommesso le sfuggì dalle labbra dischiuse.
Non era mai stata toccata .
Si chiese cosa dovesse fare, ma poi ogni pensiero fu scacciato via dalla sensazione squisita provocata da quello sfioramento, lieve come una piuma, sul suo clitoride. Viola arpionò le lenzuola con le unghie. Senza rendersene conto cominciò a dondolarsi, andando incontro alla mano di Jacopo, i mugolii che erano diventati gemiti e i gemiti urla vere e proprie.
Viola non avrebbe voluto, ma non riusciva a fermarsi. Non riusciva a pensare, a parlare, nemmeno a respirare. Tutta la tensione si era concentrata lì, tra le sue gambe. Era quasi insopportabile e allo stesso tempo meraviglioso.
– Lasciati andare, piccola – fece a un tratto la voce di Jacopo. Faticò persino a udirla, presa com’era da quelle dita che l’accarezzavano, tracciando lenti cerchi sulla sua carne madida. – Non trattenerti.
Lei non capiva a cosa stesse alludendo. Strinse i denti fino a far sanguinare il labbro, muovendo il bacino sempre più veloce, in modo quasi frenetico. – Oh, ti prego, ti prego, ti prego…
Non sapeva neppure per cosa lo stesse pregando; sapeva solo di essere sul punto di esplodere e sgretolarsi in mille pezzi. Poi lui le infilò un dito dentro, fino in fondo, e la tensione aumentò.
– Sei così bagnata, Viola – Jacopo cominciò a muovere il dito.
Dentro e fuori. Dentro e fuori.
Non sapeva cosa rispondergli. Le sue capacità cognitive erano completamente azzerate.
Infine, accadde qualcosa. I suoi muscoli interni si tesero e il piacere la invase a ondate, facendola irrigidire. Per qualche minuto rimase immobile, annichilita. Poi aprì gli occhi, che aveva tenuto serrati per tutto il tempo.

– Oh, cielo – fu tutto ciò che riuscì a dire.


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