martedì 13 ottobre 2015

SCANDALOSI LEGAMI - VENTISEIESIMA PUNTATA

*Attenzione!* Per gli argomenti trattati, questo racconto è riservato ad un pubblico adulto.

Non sapeva come fosse riuscito a resistere fino al suono della campanella. Jacopo uscì dalla classe stanco, nervoso e con le mani sudate. Se le asciugò nei jeans prima di dirigersi verso la III B e fermarsi davanti alla porta. Diede una sbirciata all’interno, lasciandosi sfuggire un sospiro di sollievo: Viola era ancora lì, in piedi, con la testa sepolta nello zaino. Indossava un miniabito stretch che le stava da Dio.
Il respiro gli si fermò in gola. – Ehm, Sartori… posso parlarti un minuto? È per la recita scolastica.
La sua compagna di banco, ferma accanto a lei, gli lanciò un’occhiata maliziosa. Glielo aveva detto? Dannazione, non aveva affrontato quell’argomento con lei, ma pensava fosse chiaro che dovesse restare un segreto. Poi Viola si voltò a guardarlo, le guance accese e un sorriso stupendo, e tutto intorno a lui scomparve. Jacopo era certo che non sarebbe stato in grado di dire neppure il proprio nome, in quel frangente.
L’amica di Viola gli passò a fianco. – Vi lascio soli. Arrivederci, Prof.
– Ciao, a domani.
Viola mosse un passo verso di lui, accorciando la distanza. – È bello vederti.
Jacopo entrò nell’aula e richiuse prontamente la porta alle sue spalle. Vi si appoggiò contro, come alla ricerca di un sostegno. Il cuore sembrava volergli schizzare fuori dal petto. – Ciao, Viola. Come stai?
Il suo sorriso si allargò. – Secondo te? Continuo a toccare il cielo con un dito. Non mi sembra vero.
– Dobbiamo stare attenti. Non ne abbiamo parlato, ma è di fondamentale importanza che tu non dica a nessuno quello che c’è tra noi.
Aveva usato il presente di proposito. Cazzo, non era disposto a rinunciare a lei. La voleva ancora. Viola si morse il labbro e arrossì in quel modo che ormai gli era diventato così familiare. Sentì un tuffo al cuore mentre le si avvicinava.
– L’ho detto solo a Daniela – confessò, timorosa. – Ma di lei possiamo fidarci. È la mia migliore amica.
Jacopo si passò una mano tra i capelli, lo sguardo ipnotizzato dal corpo flessuoso di lei che si muoveva per andargli incontro: i fianchi snelli e le lunghe gambe tornite; il seno che si intravvedeva sotto alla scollatura dell’abito.
Deglutì, dimenticando ogni altra cosa. – D’accordo. Ma non farne parola con nessun altro. Perderei il posto di lavoro, se si sapesse. Detesto puntualizzarlo, ma…
– È per dirmi questo che sei venuto? – Viola sembrava delusa. Si fermò, gli occhi incatenati ai suoi.
Jacopo l’afferrò e se la strinse contro il petto. – Dio, no. Scusami. Volevo vederti, in realtà. Impazzivo dalla voglia di vederti, di stringerti.
Le mani si mossero contro la sua volontà. Le accarezzò i seni attraverso la stoffa del vestito e poi le afferrò la nuca, cercandole le labbra. Sapeva che non doveva. Erano a scuola e chiunque avrebbe potuto entrare e sorprenderli. Eppure, non era riuscito a resistere al desiderio opprimente che dilagava in lui.
Solo un bacio, si disse. Uno solo.
La bocca si mosse avida contro quella di lei, le lingue si incontrarono, si sfiorarono, e un brivido gli percorse la schiena. – Viola – disse con voce roca, staccandosi. – Stavo pensando che noi due non siamo mai stati a un vero appuntamento. Che ne dici di uscire con me stasera? Potremmo andare a mangiare una pizza oppure al cinema.
Aveva parlato a raffica, il cuore in gola. Non era mai stato così agitato in vita sua!
Lei gli posò entrambe le mani sul petto e iniziò a giocherellare con i bottoni della sua camicia. Ne sganciò uno e poi lo fissò con aria birichina. – Dico che è un’idea stupenda.
Jacopo trattenne il respiro, mentre Viola sganciava anche il secondo bottone, accarezzandogli il torace con quelle dita sottili e affusolate. Il brivido lungo la schiena si intensificò, strappandogli un ansito. Dovette fermarla appoggiando una mano sopra quella di lei. – Viola, non qui. Potrebbe entrare qualcuno.
– Jacopo, ti desidero.
Quelle parole, appena sussurrate, gli risuonarono nelle orecchie come un colpo di cannone.
Lei lo desiderava.
Cazzo, quella creatura stupenda desiderava proprio lui!
Le sfiorò un’ultima volta le labbra. – Anch’io, Viola. Anch’io.



Erano in un bar del centro davanti a un piatto di Bonet. Viola affondò il cucchiaino nel dolce, quasi senza sentire le chiacchiere incessanti di Daniela. Quando ci si metteva, la sua amica era logorroica.
– Ehi, mi stai ascoltando?
Arrossì e si ficcò in bocca il cucchiaino, assaporandolo a occhi chiusi. – Scusami, ero distratta.
– Già. Chissà come mai? Con uno spasimante come il professor Torre, che ti guarda in quel modo languido, anch’io sarei distratta. Anzi no. Sarei a casa sua. Nel suo letto.
A Viola quasi non andò di traverso il dolce. Cominciò a sputacchiare e dovette trangugiare un bicchier d’acqua per smettere di tossire. Si guardò intorno, speranzosa di non aver attirato l’attenzione di nessuno.
– Non mi ha guardata in modo languido – protestò irritata. – E comunque mi ha dato appuntamento per stasera. Oh, come vorrei passare la notte da lui, Dani! Non hai idea.
Lei ridacchiò. – Be’, un’idea ce l’avrei. E sentiamo, perché non puoi restare da lui?
– Scherzi? Chi lo dice a mio padre? Ho già una fottuta paura che non mi lasci uscire la sera. È incazzato perché non gli ho detto della festa della scuola.
Daniela alzò gli occhi al cielo. – Tuo padre è un vero dittatore. I miei non mi danno tutte queste restrizioni. Quando uscivo con Riccardo, dormivo da lui tutti i fine settimana.
Riccardo era stato il primo ragazzo di Daniela. Una storia durata un anno e finita all’improvviso perché lui si era trovato un’altra. Viola rabbrividì al pensiero. Sarebbe successo anche a lei e a Jacopo di lasciarsi così? Forse lei era un’inguaribile romantica, ma sperava che la loro storia durasse in eterno.
Sbuffò piano. – Mio padre non mi permetterebbe mai di dormire a casa di un ragazzo. Figuriamoci se gli dicessi che esco col mio insegnante di inglese!
– Io tuo padre proprio non lo capisco. Invece di essere contento… così avresti lezioni private d’inglese  gratis.
Viola non riuscì a trattenere una risata. Si alzò, scostando la sedia e producendo un fastidioso stridio. – Tu sei mezza matta! – esclamò cercando il portafoglio nello zaino. – Secondo te, andrebbe a pensare alle lezioni d’inglese? Gli verrebbe un colpo, se sapesse che non sono più vergine. Te lo dico io!
Daniela si alzò a sua volta e insieme si diressero alla cassa. – Perché non vai a stare con tua madre? Sono sicura che lei ti lascerebbe più libera.
Viola si fermò di scatto con la sensazione che l’aria le fuoriuscisse dai polmoni. – Mia madre? Quella è sempre in giro per il mondo. Se ne frega di me.
– Appunto. Potresti fare tutto quello che vuoi. Anche dormire tutte le notti a casa di Jacopo.
Lei non prese neppure in considerazione l’idea. Avrebbe spezzato il cuore a suo padre, ne era sicura. E poi non voleva lasciarlo, anche se a volte era testardo e autoritario. Si apprestò a pagare le ordinazioni di entrambe, quando la mano di Daniela calò sulla sua spalla facendola trasalire.
– Guarda, non è la prof di italiano quella?
Viola guardò fuori dalla vetrata del bar. Diana Ricci stava attraversando i portici di corsa, infagottata in un cappotto rosso fuoco; la sciarpa di lana che le copriva metà volto. – Sì, è lei. E allora?
– Secondo te cosa ci fa in centro, dopo la scuola? Se non sbaglio, abita da tutt’altra parte.
– Saranno fatti suoi, non credi?
Daniela assunse un’espressione curiosa e un po’ maligna. – Secondo me ha un amante. Ehi, ma non è il palazzo in cui si trova l’ufficio di tuo padre, quello?
Viola tornò a guardare fuori dalla vetrata. Si sporse un po’ per vedere meglio e annuì. Effettivamente suo padre aveva l’ufficio proprio lì, in Corso Regina Margherita. A pochi passi dalla sua scuola.
Aggrottò la fronte. – Be’, questo non vuol dire proprio niente. Ci sono una marea di uffici lì, mica solo quello di mio padre.
– Già. Ma la professoressa Ricci ultimamente è stata piuttosto intima di tuo padre, giusto? Era a casa tua la sera in cui avete litigato. E l’altro giorno è venuta da te, dicendo che glielo aveva chiesto lui. Come mai tutta questa confidenza tra loro? Non ti sembra strano? Dovrebbero conoscersi appena.
Viola deglutì. Daniela aveva perfettamente ragione, anche lei lo aveva considerato strano. Solo che, presa dai suoi problemi con Jacopo, non ci aveva riflettuto granché. Ma ora che la sua amica glielo faceva notare, un senso di gelo si impadronì di lei.
Suo padre aveva una relazione con la sua insegnante di italiano?
Era assurdo.
Lui frequentava solo modelle anoressiche o attricette da quattro soldi. E la Ricci era una donna distinta, non particolarmente attraente. O meglio, fingeva di non esserlo, nascondendosi sotto abiti antiquati e ridicoli. Ma lei l’aveva guardata bene, quella volta a casa sua.
Era bella. Molto bella.
Scosse il capo con decisione e riportò l’attenzione sul barista che la fissava impaziente. – Non dire cazzate, Dani – rimproverò l’amica.
Non era vero.

Non poteva essere vero.


2 commenti:

  1. Uffa sempre sul più bello, la cosa si fa sempre più interessante. Non ce la faccio ad aspettare una settimana, ho assolutamente bisogno di sapere di più. Su fai la brava in fondo si sta avvicinando il natale.

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