Non sapeva come fosse riuscito a
resistere fino al suono della campanella. Jacopo uscì dalla classe stanco,
nervoso e con le mani sudate. Se le asciugò nei jeans prima di dirigersi verso
la III B e fermarsi davanti alla porta. Diede una sbirciata all’interno, lasciandosi
sfuggire un sospiro di sollievo: Viola era ancora lì, in piedi, con la testa
sepolta nello zaino. Indossava un miniabito stretch che le stava da Dio.
Il respiro gli
si fermò in gola. – Ehm, Sartori… posso parlarti un minuto? È per la recita
scolastica.
La sua
compagna di banco, ferma accanto a lei, gli lanciò un’occhiata maliziosa.
Glielo aveva detto? Dannazione, non aveva affrontato quell’argomento con lei,
ma pensava fosse chiaro che dovesse restare un segreto. Poi Viola si voltò a
guardarlo, le guance accese e un sorriso stupendo, e tutto intorno a lui
scomparve. Jacopo era certo che non sarebbe stato in grado di dire neppure il
proprio nome, in quel frangente.
L’amica di
Viola gli passò a fianco. – Vi lascio soli. Arrivederci, Prof.
– Ciao, a domani.
Viola mosse un
passo verso di lui, accorciando la distanza. – È bello vederti.
Jacopo entrò
nell’aula e richiuse prontamente la porta alle sue spalle. Vi si appoggiò
contro, come alla ricerca di un sostegno. Il cuore sembrava volergli schizzare
fuori dal petto. – Ciao, Viola. Come stai?
Il suo sorriso
si allargò. – Secondo te? Continuo a toccare il cielo con un dito. Non mi
sembra vero.
– Dobbiamo
stare attenti. Non ne abbiamo parlato, ma è di fondamentale importanza che tu
non dica a nessuno quello che c’è tra noi.
Aveva usato il
presente di proposito. Cazzo, non era disposto a rinunciare a lei. La voleva
ancora. Viola si morse il labbro e arrossì in quel modo che ormai gli era
diventato così familiare. Sentì un tuffo al cuore mentre le si avvicinava.
– L’ho detto
solo a Daniela – confessò, timorosa. – Ma di lei possiamo fidarci. È la mia
migliore amica.
Jacopo si
passò una mano tra i capelli, lo sguardo ipnotizzato dal corpo flessuoso di lei
che si muoveva per andargli incontro: i fianchi snelli e le lunghe gambe
tornite; il seno che si intravvedeva sotto alla scollatura dell’abito.
Deglutì,
dimenticando ogni altra cosa. – D’accordo. Ma non farne parola con nessun
altro. Perderei il posto di lavoro, se si sapesse. Detesto puntualizzarlo, ma…
– È per dirmi
questo che sei venuto? – Viola sembrava delusa. Si fermò, gli occhi incatenati
ai suoi.
Jacopo
l’afferrò e se la strinse contro il petto. – Dio, no. Scusami. Volevo vederti,
in realtà. Impazzivo dalla voglia di vederti, di stringerti.
Le mani si
mossero contro la sua volontà. Le accarezzò i seni attraverso la stoffa del
vestito e poi le afferrò la nuca, cercandole le labbra. Sapeva che non doveva.
Erano a scuola e chiunque avrebbe potuto entrare e sorprenderli. Eppure, non
era riuscito a resistere al desiderio opprimente che dilagava in lui.
Solo un bacio,
si disse. Uno solo.
La bocca si
mosse avida contro quella di lei, le lingue si incontrarono, si sfiorarono, e
un brivido gli percorse la schiena. – Viola – disse con voce roca, staccandosi.
– Stavo pensando che noi due non siamo mai stati a un vero appuntamento. Che ne
dici di uscire con me stasera? Potremmo andare a mangiare una pizza oppure al
cinema.
Aveva parlato
a raffica, il cuore in gola. Non era mai stato così agitato in vita sua!
Lei gli posò
entrambe le mani sul petto e iniziò a giocherellare con i bottoni della sua camicia.
Ne sganciò uno e poi lo fissò con aria birichina. – Dico che è un’idea
stupenda.
Jacopo
trattenne il respiro, mentre Viola sganciava anche il secondo bottone, accarezzandogli
il torace con quelle dita sottili e affusolate. Il brivido lungo la schiena si
intensificò, strappandogli un ansito. Dovette fermarla appoggiando una mano
sopra quella di lei. – Viola, non qui. Potrebbe entrare qualcuno.
– Jacopo, ti
desidero.
Quelle parole,
appena sussurrate, gli risuonarono nelle orecchie come un colpo di cannone.
Lei lo
desiderava.
Cazzo, quella
creatura stupenda desiderava proprio lui!
Le sfiorò
un’ultima volta le labbra. – Anch’io, Viola. Anch’io.
Erano in un
bar del centro davanti a un piatto di Bonet.
Viola affondò il cucchiaino nel dolce, quasi senza sentire le chiacchiere
incessanti di Daniela. Quando ci si metteva, la sua amica era logorroica.
– Ehi, mi stai
ascoltando?
Arrossì e si
ficcò in bocca il cucchiaino, assaporandolo a occhi chiusi. – Scusami, ero
distratta.
– Già. Chissà
come mai? Con uno spasimante come il professor Torre, che ti guarda in quel
modo languido, anch’io sarei distratta. Anzi no. Sarei a casa sua. Nel suo
letto.
A Viola quasi non
andò di traverso il dolce. Cominciò a sputacchiare e dovette trangugiare un
bicchier d’acqua per smettere di tossire. Si guardò intorno, speranzosa di non
aver attirato l’attenzione di nessuno.
– Non mi ha
guardata in modo languido – protestò irritata. – E comunque mi ha dato
appuntamento per stasera. Oh, come vorrei passare la notte da lui, Dani! Non
hai idea.
Lei ridacchiò.
– Be’, un’idea ce l’avrei. E sentiamo, perché non puoi restare da lui?
– Scherzi? Chi
lo dice a mio padre? Ho già una fottuta paura che non mi lasci uscire la sera.
È incazzato perché non gli ho detto della festa della scuola.
Daniela alzò
gli occhi al cielo. – Tuo padre è un vero dittatore. I miei non mi danno tutte
queste restrizioni. Quando uscivo con Riccardo, dormivo da lui tutti i fine
settimana.
Riccardo era
stato il primo ragazzo di Daniela. Una storia durata un anno e finita
all’improvviso perché lui si era trovato un’altra. Viola rabbrividì al
pensiero. Sarebbe successo anche a lei e a Jacopo di lasciarsi così? Forse lei
era un’inguaribile romantica, ma sperava che la loro storia durasse in eterno.
Sbuffò piano.
– Mio padre non mi permetterebbe mai di dormire a casa di un ragazzo.
Figuriamoci se gli dicessi che esco col mio insegnante di inglese!
– Io tuo padre
proprio non lo capisco. Invece di essere contento… così avresti lezioni private
d’inglese gratis.
Viola non
riuscì a trattenere una risata. Si alzò, scostando la sedia e producendo un
fastidioso stridio. – Tu sei mezza matta! – esclamò cercando il portafoglio
nello zaino. – Secondo te, andrebbe a pensare alle lezioni d’inglese? Gli
verrebbe un colpo, se sapesse che non sono più vergine. Te lo dico io!
Daniela si
alzò a sua volta e insieme si diressero alla cassa. – Perché non vai a stare
con tua madre? Sono sicura che lei ti lascerebbe più libera.
Viola si fermò
di scatto con la sensazione che l’aria le fuoriuscisse dai polmoni. – Mia
madre? Quella è sempre in giro per il mondo. Se ne frega di me.
– Appunto.
Potresti fare tutto quello che vuoi. Anche dormire tutte le notti a casa di
Jacopo.
Lei non prese
neppure in considerazione l’idea. Avrebbe spezzato il cuore a suo padre, ne era
sicura. E poi non voleva lasciarlo, anche se a volte era testardo e
autoritario. Si apprestò a pagare le ordinazioni di entrambe, quando la mano di
Daniela calò sulla sua spalla facendola trasalire.
– Guarda, non
è la prof di italiano quella?
Viola guardò
fuori dalla vetrata del bar. Diana Ricci stava attraversando i portici di
corsa, infagottata in un cappotto rosso fuoco; la sciarpa di lana che le copriva
metà volto. – Sì, è lei. E allora?
– Secondo te
cosa ci fa in centro, dopo la scuola? Se non sbaglio, abita da tutt’altra
parte.
– Saranno
fatti suoi, non credi?
Daniela
assunse un’espressione curiosa e un po’ maligna. – Secondo me ha un amante.
Ehi, ma non è il palazzo in cui si trova l’ufficio di tuo padre, quello?
Viola tornò a
guardare fuori dalla vetrata. Si sporse un po’ per vedere meglio e annuì.
Effettivamente suo padre aveva l’ufficio proprio lì, in Corso Regina
Margherita. A pochi passi dalla sua scuola.
Aggrottò la
fronte. – Be’, questo non vuol dire proprio niente. Ci sono una marea di uffici
lì, mica solo quello di mio padre.
– Già. Ma la
professoressa Ricci ultimamente è stata piuttosto intima di tuo padre, giusto?
Era a casa tua la sera in cui avete litigato. E l’altro giorno è venuta da te,
dicendo che glielo aveva chiesto lui. Come mai tutta questa confidenza tra
loro? Non ti sembra strano? Dovrebbero conoscersi appena.
Viola deglutì.
Daniela aveva perfettamente ragione, anche lei lo aveva considerato strano.
Solo che, presa dai suoi problemi con Jacopo, non ci aveva riflettuto granché.
Ma ora che la sua amica glielo faceva notare, un senso di gelo si impadronì di
lei.
Suo padre
aveva una relazione con la sua insegnante di italiano?
Era assurdo.
Lui
frequentava solo modelle anoressiche o attricette da quattro soldi. E la Ricci
era una donna distinta, non particolarmente attraente. O meglio, fingeva di non
esserlo, nascondendosi sotto abiti antiquati e ridicoli. Ma lei l’aveva
guardata bene, quella volta a casa sua.
Era bella.
Molto bella.
Scosse il capo
con decisione e riportò l’attenzione sul barista che la fissava impaziente. –
Non dire cazzate, Dani – rimproverò l’amica.
Non era vero.
Non poteva
essere vero.
Uffa sempre sul più bello, la cosa si fa sempre più interessante. Non ce la faccio ad aspettare una settimana, ho assolutamente bisogno di sapere di più. Su fai la brava in fondo si sta avvicinando il natale.
RispondiElimina:-)
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