Cari amici,
vi informo che Delos Digital mi ha proclamata autrice del mese, quindi per tutto dicembre troverete i miei ebook a un prezzo scontato. Approfittatene!
DISCLAIMER: Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge N° 62 del 07/03/2001 Le immagini presenti sono state prese da internet ma se il loro utilizzo violasse i diritti d'autore lo si comunichi all'autrice del blog che provvederà alla loro pronta rimozione.
venerdì 2 dicembre 2016
mercoledì 9 novembre 2016
EVA E BRIAN STANNO PER TORNARE...
Amici lettori,
Eva e Brian, i protagonisti di "Tutto di te", stanno per tornare in una versione rivisitata, edita da Newton Compton.
Il romanzo, dal titolo Mille notti di te e di me, sarà in vendita da febbraio, ma sarà possibile ordinarlo già da dicembre. Quindi, tenete d'occhio il blog o la mia pagina facebook che trovate a questo link: https://www.facebook.com/laura.gay.writer?skip_nax_wizard=true&ref_type=page_profile_button
Vi terrò aggiornati con notizie, anticipazioni e molto altro.
Grazie per l'attenzione.
Eva e Brian, i protagonisti di "Tutto di te", stanno per tornare in una versione rivisitata, edita da Newton Compton.
Il romanzo, dal titolo Mille notti di te e di me, sarà in vendita da febbraio, ma sarà possibile ordinarlo già da dicembre. Quindi, tenete d'occhio il blog o la mia pagina facebook che trovate a questo link: https://www.facebook.com/laura.gay.writer?skip_nax_wizard=true&ref_type=page_profile_button
Vi terrò aggiornati con notizie, anticipazioni e molto altro.
Grazie per l'attenzione.
sabato 5 novembre 2016
OLTRE I CONFINI DEL TEMPO - QUINDICESIMA PUNTATA
CAPITOLO 15
S
|
i
svegliò nel pieno della notte, il corpo piacevolmente rilassato e il respiro di
Sara contro la guancia. Evidentemente aveva finito per addormentarsi anche lei,
nonostante l’agitazione che l’aveva pervasa al termine dell’amplesso.
Sorrise ancora al ricordo della sua
espressione allarmata, quando aveva realizzato che facendo l’amore con lui
avrebbe potuto restare incinta. Quella ragazza era davvero bizzarra e lui
l’adorava. Non avrebbe saputo spiegare a parole il piacere provato
possedendola. Muoversi dentro di lei era stato… magico.
Si voltò a guardarla dormire, i seni nudi
che si alzavano e abbassavano a ritmo regolare.
Il suo uccello tornò sull’attenti
all’improvviso.
Strofinò il naso contro il suo collo e ne
aspirò il profumo a piene narici. Uhm… sapeva di donna e di sesso.
Irresistibile.
Sara
si mosse nel sonno e mugolò qualcosa di incomprensibile. Era dannatamente
bella. E sensuale. Le scostò una ciocca di capelli che le era finita sul viso e
finalmente lei aprì gli occhi.
– È già mattina? – chiese con voce
impastata.
Giulio si sollevò su un gomito,
trattenendo un ghigno divertito. – Non ancora, ma è la nostra prima notte di
nozze e ho di nuovo voglia di te.
Le sue parole parvero riscuoterla del
tutto. Gli lanciò un’occhiata intensa, tale da provocargli uno spasmo al basso
ventre. – Mmh… domani ci sarà concesso di dormire fino a tardi?
– Domani ti sarà concesso tutto quello che
vuoi, Sara.
– Se la metti così…
Sara si tirò su, mettendosi a cavalcioni
su di lui. – Se non ricordo male, quando ci siamo conosciuti ti sei offerto di
insegnarmi a cavalcare, ricordi?
Con il dito tracciò un percorso
immaginario sul suo petto. – Ricordo – rispose lui, la voce arrochita dal
desiderio. Lei gli mozzava il fiato. Era incredibile il potere che esercitava
su di lui.
–
Bene. Insegnami adesso.
Giulio deglutì e socchiuse le palpebre.
Cristo
Santo!
Le parole gli morirono in gola e tutto ciò
che riuscì a fare fu restare a fissarla come un imbecille. Poi allungò le mani
per sfiorarle i seni, trattenendo il fiato. Il cuore gli batteva contro lo
sterno, poteva sentirne il ritmo accelerato, quasi volesse schizzargli fuori
dal petto. Com’era possibile che lei gli facesse quell’effetto? Sentì i
capezzoli gonfiarsi sotto le sue dita mentre lei gettava la testa all’indietro,
ansimando piano.
Dio, di questo passo non sarebbe durato
molto. Gli bastava guardarla per perdere il controllo. Col fiato corto le
titillò i capezzoli, strappandole un gemito. Sara cominciò a dimenarsi sopra di
lui, strofinando la propria vagina sulla sua erezione.
Dannazione!
Giulio provava il desiderio spasmodico di
immergersi dentro di lei, ormai era diventata una necessità. – Dio mio, Sara…
La vista delle chiome setose che le
ondeggiavano sulle spalle, a tempo con il movimento dei fianchi, gli procurò un
brivido lungo la schiena. Incapace di trattenersi ancora, la penetrò con
un’unica spinta, il cuore che gli rimbombava nelle orecchie. Era calda e umida.
Perfetta per lui.
Cominciò a muoversi, afferrandole i
fianchi e mostrandole come fare. – Ecco così… cielo, Sara, sei magnifica!
I loro sospiri si confusero fra loro
mentre si muovevano sempre più veloce, in una corsa verso l’appagamento finale.
Giulio era certo di non aver mai provato nulla di simile, nonostante avesse
avuto parecchie donne nel letto. L’innocenza di Sara, mista alla sua spregiudicatezza
e sensualità, lo faceva impazzire.
–
Sei un’ottima cavallerizza, Sara – fece a un tratto, le labbra incurvate in un
sorriso.
Lei rise. Dopo di che non ci furono più
parole, ma solo gemiti e urla di piacere.
Il
sole penetrò nella stanza attraverso le tende. Sara sbatté le palpebre più
volte, trattenendo uno sbadiglio. Doveva essere tardi. Molto tardi. Con la mano
cercò il corpo di Giulio al suo fianco, ma non lo trovò.
Si mise a sedere, stiracchiandosi. Sentiva
le ossa intorpidite e un lieve pulsare fra le gambe che le ricordò gli
avvenimenti di quella notte.
Arrossì. Fare l’amore con Giulio le era
piaciuto molto più di quanto avesse immaginato.
Era stato stupendo. E appagante. In poche
parole moriva dalla voglia di rifarlo. Di nuovo.
Lui però non c’era. Forse aveva dormito
nell’altra stanza, come erano soliti fare gli aristocratici del diciannovesimo
secolo. Quel pensiero la turbò più del dovuto. Avrebbe voluto dividere il letto
con lui sempre e non solo durante gli amplessi.
Con un sospiro scivolò giù e afferrò la
brocca piena d’acqua che si trovava su un tavolino rotondo, poco distante dal
letto. Si lavò accuratamente il viso per scacciare via la stanchezza di quella
notte quasi insonne e sorrise fra sé.
Probabilmente avrebbe dovuto chiamare Gina
affinché l’aiutasse a vestirsi, ma non aveva voglia di sostenere le sue
occhiate maliziose né di condividere con qualcuno quel momento.
Era una donna adesso. Aveva fatto
dell’ottimo sesso e si sentiva come se danzasse fra le nuvole.
Fischiettando un motivetto aprì l’anta
dell’armadio ed esaminò gli abiti che vi erano stati riposti. Adesso possedeva
decine di capi eleganti e alla moda. Non aveva che l’imbarazzo della scelta.
Optò per un abito da passeggio color
malva, con la vita alta e le maniche a sbuffo, ma prima indossò la biancheria
intima, cercando di cavarsela coi lacci del corsetto. Lasciò i capelli sciolti
sulle spalle per non perdere troppo tempo ad acconciarli. Ci avrebbe pensato
più tardi. Ora desiderava solo andare a cercare Giulio.
Un timido sorriso le incurvò le labbra.
Sentiva già la sua mancanza.
Se non era amore, gli somigliava di certo.
*
* * * * * * * * *
All’entrata
della moglie nella sala da pranzo Giulio sollevò lo sguardo, mettendo da parte
il giornale che stava leggendo. – Buongiorno, cara. Spero che tu abbia dormito
bene.
Si alzò per scostarle la sedia e il suo sguardo
indugiò sulla scollatura dell’abito. Pareva assurdo, ma ancora non ne aveva
abbastanza di lei.
Sara fece un sorrisino e si sedette. – In
realtà non ho dormito molto.
Lui ignorò l’occhiataccia di sua madre,
seduta vicino a lei, e ricambiò il sorriso. – Allora siamo in due – le sussurrò
all’orecchio, sfiorandole distrattamente la nuca, prima di tornare a sedere. –
Cosa desideri mangiare? La cuoca ha fatto una torta di mele davvero deliziosa.
– Vada per la torta di mele – Uno sguardo
birichino le illuminò il viso. – Stamattina non bado alle calorie. Con
l’attività di stanotte sono certa di averne bruciate parecchie.
Giulio aggrottò la fronte. Non era certo
di aver capito il significato di quella frase, ma aveva il sospetto che fosse qualcosa
di terribilmente licenzioso e intimo. Gli piacque. – Ottimo – rispose di
buonumore. – Qualsiasi cosa siano queste calorie, sono lieto di averti aiutata
a “bruciarle”.
Sua madre si schiarì la voce. Aveva uno
sguardo torvo da far paura e continuava a rigirare il cucchiaino nel suo tè,
facendolo tintinnare contro i bordi della tazza. A un tratto trafisse Sara con
un paio di occhi gelidi. – Non è buona educazione alludere alla vostra prima notte
di nozze di fronte ad altre persone. In realtà una signora non ne parlerebbe
affatto.
Sara scrollò le spalle. – Forse non sono
una signora, allora.
Giulio trattenne un sorrisino. Trovava
irresistibile il modo un cui sua moglie aveva messo a tacere sua madre. A dire
il vero, dopo quella notte avrebbe trovato irresistibile ogni suo gesto e ogni
sua parola. Era disposto a concederle qualsiasi cosa, proprio come le aveva
promesso.
– Madre – esordì, con l’intento di
dimostrarglielo. – Da oggi Sara è la padrona di questa casa e desidero che le
si porti il rispetto a lei dovuto.
– Ma figliolo…
– Non interrompetemi, per favore. Ho
predisposto che vi trasferiate nella nostra proprietà a Grottaglie. Io e Sara
siamo novelli sposi, abbiamo bisogno della nostra intimità e il fatto che voi
non la sopportiate non facilita le cose.
La contessa impallidì. Si portò una mano
tremante al petto, restando in silenzio per un attimo che parve un’eternità. –
Vuoi sbarazzarti di tua madre? Dopo tutto quello che ho fatto per te?
Giulio sospirò. Sapeva che non l’avrebbe
presa bene, ma non intendeva cedere su quel punto. – Madre, proprio voi che
siete così rigida riguardo alle tradizioni dell’alta società mi fate questa
domanda? Non è forse usanza consolidata quella di cedere il campo alla nuova
contessa e ritirarsi per permetterle di gestire la casa a suo modo? Non è
quello che hanno fatto tutte le precedenti contesse di Nardò, prima di voi?
Lei si alzò in piedi, lo sguardo vacuo. –
E sia – rispose in un bisbiglio. – Farò preparare le mie cose e partirò in
giornata.
Giulio la osservò camminare impettita fino
alla porta e oltrepassarla senza voltarsi indietro.
A un tratto la voce di Sara lo riscosse. –
Non sei stato un po’ troppo duro con lei?
Lui sbuffò, servendosi un’altra fetta di
torta. – Sara, mia madre sapeva che sarebbe successo prima o poi. Tutti i miei
antenati hanno fatto la stessa cosa, non appena hanno preso moglie. Non c’è
posto per due contesse in questa casa e la nostra residenza di Grottaglie è
decorosa e grande abbastanza perché mia madre possa viverci dignitosamente.
Lei annuì, esitante. – Sarà perché io i
genitori non li ho più e mi mancano da morire, ma proprio non riesco a
comprendere la tua decisione. Non ho mai preteso che mandassi via tua madre, lo
sai vero?
– Lo
so e questo ti fa onore. Tuttavia, non cambierò idea.
Sara
attese che uno dei lacchè le servisse il tè e riportò lo sguardo su di lui. –
D’accordo. Come vuoi – Poi, presumibilmente per cambiare argomento, aggiunse: –
Per quale motivo te ne sei andato stamattina? Speravo di svegliarmi al tuo
fianco.
Giulio fece un sorrisino. – Hai sentito la
mia mancanza?
– Certo.
– Cercherò di rimediare, allora. Cosa
desideri fare oggi? Esaudirò ogni tuo desiderio.
Un lampo malizioso le attraversò lo
sguardo. – Ogni mio desiderio? Davvero?
– Davvero.
Sara si alzò in piedi e gli si sedette
sulle ginocchia, spiazzandolo. Con la coda dell’occhio vide i domestici
irrigidirsi e fissare altrove, colti da imbarazzo. Sicuramente non erano abituati
a un simile sfoggio di intimità fra il conte e la contessa di Nardò. Trattenne
un sorriso divertito e fissò la moglie in attesa della sua risposta. – Dunque?
Qual è il tuo desiderio?
– Torniamo di sopra – sussurrò Sara,
mordendosi il labbro.
Questo lo spiazzò ancor di più. – Come hai detto?
Sara gli passò le braccia attorno al
collo, lanciandogli un’occhiata languida. – È la nostra luna di miele, no?
Voglio passarla a letto. Con te.
Giulio rimase senza fiato. Aveva inteso
male o gli stava proponendo di…
Santo
cielo!
La voce gli uscì più roca del dovuto. –
Sara, ma è mattina. Cosa penserà di noi la servitù? I pettegolezzi si
diffonderanno in un lampo in tutta Taranto, te lo posso assicurare.
– Credevo non ti importasse dei
pettegolezzi – Aveva un’aria imbronciata decisamente adorabile. Giulio non
riuscì a resisterle. La sollevò fra le braccia, ignorando gli sguardi perplessi
dei domestici e uscì dalla stanza, salendo le scale di corsa. – Ogni tuo
desiderio è un ordine – bisbigliò prima di baciarla sul collo.
sabato 29 ottobre 2016
OLTRE I CONFINI DEL TEMPO - QUATTORDICESIMA PUNTATA
CAPITOLO 14
S
|
ara
stava correndo dietro a Giulio, senza riuscire a raggiungerlo. Il cuore le
batteva furioso nel petto e le ginocchia rischiavano di cederle da un momento
all’altro: era stremata. A un tratto lui si fermò, voltandosi verso di lei con
un sorriso seducente. Le tese una mano, negli occhi uno sguardo ricolmo
d’amore. Sara si protese verso di lui per afferrarla, ma si sentiva inchiodata
al suolo. Non riusciva a muoversi. Poi il viso di Giulio si trasformò e lei si
ritrovò a fissare gli occhi stupiti di Mario, che sembravano trafiggerle
l’anima.
Si svegliò in un bagno di sudore. Il
respiro era affannoso mentre si sforzava di ricordare cosa l’avesse gettata in
quello stato di ansia.
Uno stupido sogno.
Da quando aveva visto Mario, fuori dalla
sartoria, le succedeva ogni notte. Forse era il proprio subconscio che le
lanciava dei segnali? Non era più riuscita a incontrarlo, nonostante avesse
girato le vie di Taranto in lungo e in largo nei giorni precedenti. Era
arrivata persino a chiedersi se vederlo non fosse stato in realtà solo il
frutto della sua immaginazione.
Sospirò, mettendosi a sedere sul letto
disfatto, la mente ancora in subbuglio a causa del sogno. In quel mentre
qualcuno bussò e una Gina trafelata entrò nella stanza, trasportando biancheria
pulita.
– Siete ancora a letto? – le chiese,
corrugando la fronte. – E io che pensavo di trovarvi a camminare su e giù come
un’anima in pena, agitata come tutte le spose.
Gina accompagnò la frase con un sorrisino
furbetto, il che le ricordò immediatamente che quello era il giorno del suo
matrimonio e lei se ne stava lì a pensare a Mario e a un modo per
rintracciarlo.
Non era un buon segno.
Si buttò giù dal letto all’istante. – Devo
fare un bagno. Non posso presentarmi alla cerimonia in questo stato – Come a
ribadire il concetto, indicò la propria camicia da notte fradicia di sudore.
Gina ridacchiò. – Ma certo. Ho già provveduto
a riempirvi la vasca. Volete che vi aiuti a insaponarvi la schiena?
Sarà schizzò dietro il paravento. – No,
grazie. Faccio da sola.
Non era più una bambina e non le importava
se gli aristocratici del tempo fossero abituati a non muovere un dito senza
l’aiuto dei domestici. Lei era stata educata diversamente.
Si immerse nell’acqua calda, chiudendo gli
occhi con un sospiro di piacere che le riscaldò il cuore. Non c’era nulla di
più rilassante di un buon bagno, specie in quell’epoca in cui lavarsi
quotidianamente era un lusso che in pochi potevano permettersi. Afferrò la
saponetta al profumo di rosa, che era stata lasciata al bordo della vasca, e
prese a insaponarsi con forza, lavando via la stanchezza, oltre allo sporco.
Si era tirata su i capelli in uno chignon
alto e ora fischiettava allegramente, sguazzando nell’acqua come una
principessa. Il pensiero delle nozze imminenti si insinuò nei suoi pensieri,
procurandole dei crampi allo stomaco, ma lo scacciò all’istante concentrandosi
su altre cose.
– Il mio vestito da sposa è stato
consegnato?
– Naturalmente. La contessa avrebbe fatto
chiudere il negozio della sarta, altrimenti.
Sara fece una smorfia mentre si insaponava
una gamba. – Non ne sono sicura. Scommetto che ci avrebbe goduto un mondo se io
fossi stata costretta a rinunciare al mio abito.
La voce di Gina arrivò da dietro il
paravento, squillante come sempre. – Oh, non dite così! La contessa ha il
terrore di sfigurare coi suoi invitati, credetemi.
Quando Sara uscì dalla vasca, Gina si
materializzò al suo fianco per porgerle un telo per asciugarsi. – Cos’hai un
radar dietro alla schiena?
La domestica sgranò gli occhi. – Cosa
avete detto?
– Nulla, non ci badare – scosse la testa,
rassegnata, lanciando un’occhiata all’abito che era stato posato sul letto. Era
bellissimo. Si chiese se Giulio lo avrebbe apprezzato e quel pensiero le
procurò un fremito lungo la schiena. – Pensi che gli piacerò?
Gina sollevò su di lei uno sguardo
rassicurante. – Resterà senza parole, vedrete.
*
* * * * * * * * *
Giulio
si risistemò il fazzoletto da collo per la terza volta negli ultimi cinque
minuti. La chiesa in cui avevano deciso di sposarsi era dannatamente affollata.
Aveva sperato in una cerimonia semplice, senza troppi invitati, dato lo scarso
preavviso. Invece sembrava che l’intera Taranto si fosse radunata lì, in quel
giorno di festa, per sbirciare l’ottavo conte di Nardò che si infilava il suo
bel cappio al collo.
Tossicchiò. Non avrebbe voluto metterla in
quei termini. In realtà era impaziente di sposare Sara. Molto impaziente. Il cuore gli batteva nelle costole come se avesse
corso per intere miglia, senza fermarsi a prendere fiato. E sentiva un groppo
in gola che gli impediva di respirare.
Tutto ciò aveva l’aria di una tortura, ma
non era così.
Quello era veramente il giorno più felice della sua vita. Solo che avrebbe
voluto saltare la cerimonia e arrivare direttamente alla prima notte di nozze.
Ma non era concesso, non è vero?
Avrebbe dovuto sopportare ogni cosa
stoicamente, nell’attesa del momento in cui avrebbe potuto avere Sara fra le
braccia.
Si irrigidì, tornando a strattonare il
fazzoletto da collo, a suo parere troppo stretto. A proposito di Sara… dov’era?
Perché non era ancora apparsa? Si augurò che non avesse il cattivo gusto di
abbandonarlo davanti all’altare, di fronte a quella folla di curiosi.
Con lei non si poteva mai dire.
Poi la marcia nuziale cominciò a suonare e
la sposa fece il suo ingresso trionfale, vestita in un semplice abito a vita
alta, color crema, con pochissimi fronzoli.
Era bella da togliere il fiato.
Portava i capelli acconciati sopra alla
nuca, con alcuni boccoli che le scendevano disordinati ai lati del viso, conferendole
un’aria civettuola ed elegante allo stesso tempo.
Non aveva mai visto una sposa più
incantevole.
Si voltò verso di lei mentre avanzava
lungo la navata centrale, il petto gonfio di qualcosa di maledettamente simile
a un moto d’orgoglio.
Quella donna stupenda era sua.
Sua per sempre.
Quando
Giulio le prese la mano, Sara si rese subito conto di avere le dita gelide, a
contatto con la stretta di lui, ferma, forte e calda. All’improvviso fu terribilmente
consapevole della sua vicinanza: le gambe lunghe e slanciate, le spalle larghe,
i muscoli delle braccia che trasparivano dalla giacca dal taglio perfetto. Per
ultimo, ma non meno importante, si sentì invadere le narici dalla sua acqua di
colonia.
Deliziosa.
Cercò di ignorare il battito accelerato
del proprio cuore e si concentrò sulla cerimonia.
Il tempo trascorse alla velocità della
luce, quasi senza che se ne rendesse conto. Ebbe la sensazione di vivere in un
sogno e di assistere a quello che accadeva dall’esterno, come se non fosse lei
la sposa vestita di bianco, davanti all’altare. Quando il sacerdote chiese se
qualcuno conoscesse un ostacolo al matrimonio, quasi temette di vedere apparire
Mario dal nulla, pronto a gridare a tutti che lei non apparteneva a quell’epoca
e pertanto non poteva sposare il conte di Nardò.
Ma Mario non si fece vedere e, dopo una
breve pausa, la cerimonia riprese fino alla sua inevitabile conclusione.
Adesso era la moglie di Giulio. Gli
apparteneva anima e corpo.
Sollevò uno sguardo allarmato su di lui
mentre le infilava la fede all’anulare sinistro. Com’era possibile che avesse
sposato quell’uomo? Era troppo giovane per il matrimonio. Non aveva ancora
fatto le esperienze più importanti della sua vita: l’università, i viaggi, la
sua prima volta… cazzo, non aveva ancora perso la verginità! Cosa sarebbe
accaduto se infine non le fosse piaciuto?
Eppure aveva appena giurato di amare
Giulio e onorarlo per il resto dei suoi giorni. E lui aveva fatto lo stesso.
Si era mai reso conto di quanto poco sapesse
di lei? Cosa avrebbe pensato se un giorno gli avesse rivelato la verità sul suo
viaggio nel tempo?
Quando l’anello scivolò sul suo dito, lui le
sorrise.
Lei non riuscì a farlo. Era troppo nervosa
e confusa.
Infine gli eventi si susseguirono in un
lampo. Firmarono i documenti e poi percorsero insieme la navata, fino
all’uscita. Giulio dispensò sorrisi a tutti e qualche stretta di mano, mentre
lei rimase in un rigido silenzio, frastornata da tutte quelle voci e le
felicitazioni.
L’unica cosa che notò, quando furono fuori
dalla chiesa, fu che il sole splendeva, alto nel cielo senza nuvole di quella
giornata di fine primavera. Il vento portava con sé l’odore salmastro del mare
che cominciava a esserle ormai familiare. Un giorno avrebbe scordato la sua
città, così come la ricordava? Il Ponte Vecchio, gli Uffizi e Piazza della
Signoria. E ancora la sua scuola, il bar dove si ritrovava con le sue amiche e
i giardini sotto casa, dove andavano a giocare a pallavolo o a parlare di
ragazzi.
Tutto questo apparteneva al passato ormai.
Giulio le strinse la mano come per farle
coraggio e salirono sulla carrozza in attesa sul sagrato della chiesa.
Ignorarono le persone che li fissavano incuriosite, mentre facevano ritorno
alla dimora dei conti di Nardò.
Le campane della chiesa risuonarono
festose alle loro spalle.
Sara sorrise malinconica e chiuse gli
occhi. Avevano davanti ancora un’intera giornata di festeggiamenti e quello era
solo l’inizio.
*
* * * * * * * * *
–
Ecco, queste saranno le tue stanze – fece Giulio al termine dei bagordi, quando
salirono ai piani superiori, lasciandosi alle spalle le risate chiassose degli
invitati. – La tua cameriera ti sta aspettando per aiutarti a svestirti.
Lei lo fissò perplessa. – Le mie stanze?
Credevo che avremmo dormito nella stessa camera, ora che siamo sposati.
Giulio le sorrise e i suoi denti bianchi
scintillarono nell’oscurità. – Ti raggiungerò più tardi. Queste sono le usanze.
A Sara parvero delle usanze piuttosto
sciocche. Avrebbe preferito spogliarsi insieme a lui e condividere quel momento
di intimità, ora che avevano la possibilità di restare soli. Tutto ciò la
metteva a disagio.
Sospirò, entrando nella stanza che le era
stata assegnata e che comunicava con quella di Giulio. All’interno Gina pareva
indaffarata come al solito e, quando la vide, le rivolse un sorriso sincero.
Sara esitò. Poi suo marito sì chinò sulla
sua mano, portandosela alle labbra. – A più tardi – le sussurrò, strizzandole
l’occhio. – Non ci mettere troppo.
Quindi si voltò, dileguandosi nella camera
adiacente.
Sara lasciò che Gina l’aiutasse a
togliersi l’abito da sposa, per infilare una camicia da notte che era stata
lasciata sul letto per lei. Si trattava di un capo elegante, in seta color
azzurro ghiaccio, con il corpino in
pizzo. Il tessuto era talmente impalpabile da non lasciare nulla
all’immaginazione, se guardato controluce. Per non parlare della profonda
scollatura che le lasciava i seni quasi interamente scoperti.
Ma in fondo era la sua prima notte di
nozze.
Deglutì, tornando a fissare il letto. Era
un enorme letto a baldacchino, preparato con cura per la notte. Sara si chiese
cosa ci si aspettasse da lei. Doveva infilarsi fra le lenzuola e attendere
l’arrivo di Giulio? Scacciò l’idea immediatamente. Si sedette invece davanti al
tavolo da toeletta, sciogliendo le forcine fra i capelli e lasciando che le sue
folte chiome le ricadessero sulle spalle, in riccioli scomposti.
Gina si offrì di spazzolarli e lei si
affidò fiduciosa alle sue cure.
Era passata all’incirca una mezz’ora
quando sentì bussare alla porta e lui
entrò. Indossava una veste da camera color prugna che lo ricopriva fino alle
caviglie e il suo sguardo era intenso, predatore. Ordinò a Gina di congedarsi e
lei uscì, richiudendo la porta alle sue spalle con discrezione.
Sara si sentiva la gola secca.
– Sei bellissima – Giulio, avanzò verso di
lei lentamente. – Non hai idea di quanto attendessi con ansia questo momento.
Lei arrossì, alzandosi in piedi. Detestava
sentirsi così a disagio, eppure non riusciva a evitarlo. – Tu invece sei buffo
con quella vestaglia. Avrei preferito spogliarti io, prendere confidenza col
tuo corpo… è snervante tutto questo.
Giulio si schiarì la voce e le accarezzò una
guancia col dorso della mano. – Avremo tutto il tempo per fare queste cose. Una
vita intera, in verità.
– Quindi non sarà sempre così?
– Così come?
Le labbra di lui si posarono lievi sul suo
collo. Si era rasato. Sara riusciva a sentire il profumo del suo sapone da
barba e dell’acqua di colonia. Era un aroma così maschio e afrodisiaco che le
diede immediatamente alla testa.
Barcollò, ma lui la prese fra le braccia,
stringendola contro il suo petto solido e muscoloso. Immediatamente si
dimenticò della domanda. Chiuse gli occhi, inalando il suo odore a pieni
polmoni.
Sensazioni incredibilmente piacevoli si
risvegliarono dentro di lei mentre Giulio le sfiorava le labbra con le proprie,
inducendola a dischiuderle per accogliere la sua lingua esigente. Ebbe la
sensazione di andare a fuoco. Un crudo e selvaggio desiderio sessuale si fece
strada dentro di lei. Con un sospiro gli afferrò i lembi della vestaglia, per
attirarlo maggiormente verso di sé.
Lui si scostò appena per guardarla dritta
negli occhi. Pareva divorato dalla stessa bruciante passione. – Vogliamo
spostarci sul letto, ora?
La sua voce era bassa e roca, puro velluto
per le sue orecchie.
Sara deglutì. – Certo.
Si sedettero entrambi sul materasso, l’uno
di fianco all’altro. Lui la fissò intensamente per qualche istante, poi le
accarezzò il labbro inferiore con il pollice. Senza esitazione, Sara lo prese
in bocca, succhiandolo e strappandogli un gemito.
– Dio mio, Sara… – Giulio lasciò la frase
a metà, lasciando scorrere le dita lungo il mento e il collo e poi più in
basso, fino a insinuarle all’interno della camicia da notte. Le abbassò la
spallina, denudandole un seno. Poi, con la mano libera, le scoprì anche l’altro.
Quell’indumento impalpabile le scivolò sul corpo come una carezza leggera,
provocandole un brivido.
Sara percepì lo sguardo bruciante di
Giulio su di sé e si morse il labbro. Non era la prima volta che la vedeva
senza niente addosso, eppure… ora sembrava tutto diverso. Ora era suo marito. A sua volta, allungò una
mano tremante verso la cintura della sua vestaglia e la sciolse.
Sotto, era completamente nudo.
Sara strinse il labbro fra i denti con più
forza, quasi fino a farlo sanguinare.
Intanto Giulio continuava a fissarla.
Scorse un lampo di divertimento nei suoi occhi mentre la invitava a procedere,
abbassando le braccia lungo i fianchi. Sara gli sfilò la vestaglia di dosso,
lasciandogliela ricadere giù dalle ampie spalle.
Aveva già intravisto il suo corpo nudo, quella
volta che aveva improvvisato quello spogliarello per provocarla. Tuttavia,
adesso aveva tutto il tempo per lasciar scorrere lo sguardo su di lui,
studiandone ogni muscolo.
Il suo fisico era perfetto.
Aveva un corpo abbronzato che pareva una
scultura greca. Il David di Michelangelo sbiadiva al suo confronto, anche
perché Giulio non era fatto di marmo. Era vivo e caldo. Accarezzò il suo torace
muscoloso, velato da una leggera peluria scura, memorizzando ogni centimetro di
pelle. Poteva percepirne il calore attraverso i polpastrelli.
Sara trattenne il fiato.
Il petto di Giulio si alzava e abbassava
al ritmo del respiro. Era quasi un movimento ipnotico.
A un tratto sentì la sua rauca risata e
trasalì. – Spero che ti piaccia ciò che vedi – mormorò lui, senza staccare gli
occhi dai suoi.
– Tu che ne dici? – Sara continuò la sua
esplorazione. Giulio aveva i fianchi stretti, gambe forti e cosce potenti e
muscolose. Sarebbe stato l’invidia di tutti i palestrati della sua epoca.
– Dico che abbiamo giocato anche troppo.
Adesso è il momento di fare sul serio.
Sorprendendola, lui la sospinse sul
materasso, coprendola col proprio corpo eccitato. La baciò a bocca aperta,
quasi divorandola, finché lei non sentì dentro di sé una tensione tremenda,
all’altezza del basso ventre.
Si agitò sotto di lui, sfregandosi contro
il suo corpo. Pelle contro pelle. All’improvviso non si sentiva più a disagio o
in imbarazzo. Provava un bisogno così intenso che non avrebbe neppure saputo
spiegare.
Poi le labbra di Giulio scesero lungo il suo
collo, fino a posarsi sull’avvallamento fra i seni. Sara si sentiva davvero in
fiamme, al punto che non riusciva a pensare coerentemente. Percepì la lingua di
lui intorno ai capezzoli, una scia umida che si muoveva in cerchio, facendola
impazzire.
Oh,
mio Dio!
Infine quelle labbra andarono a posarsi
dove lei voleva, prendendole un capezzolo in bocca e succhiandolo avidamente.
Sara non riuscì a trattenere un grido. Lo sentì stuzzicarlo coi denti, per poi
passare all’altro seno.
Se avesse continuato così, era sicura che
sarebbe venuta all’istante, prima ancora che la toccasse fra le gambe.
Quel pensiero le fece venire in mente un
piccolo dettaglio. – Aspetta – mormorò, col fiato corto. – Devo dirti una cosa.
Lui la ignorò. Le aprì le cosce,
infilandole un dito all’interno della vagina. I suoi muscoli interni si
contrassero, strappandole un sospiro. Si rese conto di essere bagnata.
Decisamente bagnata.
Poi Giulio si posizionò fra le sue cosce,
pronto a penetrarla.
Non poteva più aspettare. Doveva
dirglielo. – Aspetta, ti prego. È importante.
Finalmente lui sollevò lo sguardo. Pareva
che si stesse trattenendo a fatica, il respiro era irregolare e gli occhi
sembravano emettere bagliori dorati. – Devi dirmela proprio adesso questa cosa importante?
Lei annuì. – Questa è la prima volta per
me.
Ecco fatto. Si era tolta il dente.
Trattenne il respiro, in attesa della sua reazione. Lui corrugò semplicemente
la fronte. – Cosa?
Sara alzò gli occhi al cielo. – Sono
ancora vergine, è più chiaro così?
Lo sentì rilasciare il fiato
all’improvviso, mentre il suo corpo si tendeva all’istante. Per un attimo il
silenzio invase la stanza. Sara riusciva a percepire soltanto il battito furioso
dei loro cuori.
Infine Giulio parve tornare in sé. – Beh,
si presuppone che ogni sposa lo sia – rispose, inarcando un sopracciglio.
Lei sbatté le palpebre più volte. – Questo
significa che non ti importa?
– Certo che mi importa! – Giulio sbuffò,
tenendosi in equilibrio sulle braccia. – Voglio dire, sono decisamente sollevato.
Sara sorrise. – Bene. Temevo che la cosa
non ti sarebbe piaciuta.
Giulio assunse un’espressione talmente
buffa da risultare comica. Spalancò gli occhi e aprì e richiuse la bocca più
volte. – Temevi che non mi sarebbe piaciuto?
E per quale motivo?
– Beh, i ragazzi preferiscono le tipe con
un po’ di esperienza. È risaputo. Nella mia classe alcune ragazze sono andate a
letto col primo con cui sono uscite, solo per perdere la verginità. Io sono
l’unica a non averlo fatto.
Lo sguardo di Giulio si fece ancora più
sbigottito. – Sara, se avessi voluto una donna con più esperienza non avrei
preso moglie, mi sarei recato in un bordello.
A quel punto fu lei a mostrarsi sorpresa.
Poi a un tratto ricordò dove si trovava e con chi. Che idiota! Per un attimo
aveva scordato di trovarsi nel diciannovesimo secolo, in mezzo a uomini
retrogradi e maschilisti.
Si morse la lingua. – Già. Non ci avevo
pensato.
– Possiamo procedere ora? – Giulio la
sovrastava. Era grosso e pesante su di lei, eppure non lo trovava spiacevole.
Tutt’altro.
– Certo – rispose in un bisbiglio. Sollevò le gambe, intrecciandole
intorno ai suoi fianchi. Sentì le mani di lui che la sollevavano e poi una
leggera pressione proprio lì, dove si trovava la sua apertura. Giulio si sforzò
di entrare lentamente, cercando di provocarle il minimo disagio.
– Ti farà un po’ male – le disse,
stringendo i denti. A guardarlo sembrava lui a provare dolore.
Sara trattenne il fiato. Non era troppo
fastidioso, sentiva solo un vago bruciore. In realtà era così bagnata che il
suo pene le era scivolato dentro facilmente. Solo quando il proprio imene si
lacerò, permettendogli di penetrarla fino in fondo, sentì una fitta che le
tolse il fiato. Ma lui si immobilizzò immediatamente, coprendola di baci
ovunque: sul naso, sulle tempie e alla base del collo. Era molto tenero.
– Non preoccuparti. È tutto a posto – Si
era sentita in dovere di tranquillizzarlo. Sembrava così in ansia! Per un
attimo le venne in mente che Mario non era mai stato così premuroso con lei, ma
scacciò subito quell’idea.
Non voleva pensare a Mario mentre faceva
l’amore con suo marito.
– Sicura? – Giulio la studiò concentrato e
perfettamente immobile. Lo sentiva dentro di sé, riempirla completamente.
Annuì. – Sicurissima – e nel dire ciò,
serrò le gambe con più decisione intorno ai suoi fianchi, cercando di
rilassarsi.
Poi lui cominciò a muoversi. I propri
muscoli interni presero a contrarsi a ogni spinta, aumentando in lei un bisogno
che neppure sapeva di poter provare. Era una dolce agonia. Un puro e semplice
piacere carnale che esplose dentro di lei, sempre più forte.
Inspirò, rilasciando il fiato con un
potente sospiro. Ogni spinta sembrava sempre più forte e profonda della precedente
e lei si ritrovò a gemere, inarcando i fianchi allo stesso ritmo.
Adesso fu lui a inspirare all’improvviso.
Cominciò a muoversi più veloce,
sussurrandole parole incomprensibili all’orecchio. Il piacere era talmente
intenso che Sara si ritrovò a desiderare che non finisse, che lui restasse
sempre dentro di lei, scivolando sempre più a fondo.
Gettò la testa all’indietro mentre ondate
di piacere si propagavano nel suo interno, togliendole il respiro. L’orgasmo
esplose all’improvviso, facendola tremare, finché si ritrovò a urlare il nome
di Giulio, mentre gli arpionava la schiena con le unghie.
Lui
si immobilizzò un istante, dopo di che riprese a muoversi con un ritmo più
serrato, finché non lo sentì tremare a sua volta, il respiro ansante e il
sudore che gli imperlava la fronte.
Qualcosa di caldo e umido si riversò
dentro di lei e a quel punto Sara si irrigidì.
– Mi sei venuto dentro? – gracchiò,
sollevando uno sguardo allarmato su di lui.
Giulio ricadde su un fianco, continuando
ad ansimare come un mantice. – Come? Cosa hai detto?
– Ho detto che mi sei venuto dentro! Sei
impazzito? Cavolo, potresti avermi messo incinta!
Lui l’attirò a sé, cullandola fra le
braccia, mentre una risata roca gli scuoteva le spalle. – Uhm… vedo che sei
informata a riguardo. Sì, in effetti è così che si fanno i bambini. Qual è il
problema?
Sara
boccheggiò, alla ricerca di un po’ d’aria. – Qual è il problema? Ho appena diciotto anni! Non voglio avere un figlio
adesso.
Giulio la ignorò e chiuse gli occhi.
Non avrebbe osato addormentarsi, vero?
Dovevano affrontare insieme la cosa, vagliare le possibilità, cercare una
soluzione…
– Sarai una madre meravigliosa, Sara – le
disse, lasciandosi sfuggire uno sbadiglio. – E adesso dormi.
Infine si addormentò.
giovedì 27 ottobre 2016
RACCONTI PER SOGNARE CUORI PER DONARE
Carissimi lettori,
vi informo che l'antologia a sostegno delle persone colpite dal sisma è finalmente online.
La Terra ha tremato, ma noi siamo ben piantati a terra e vi chiediamo sostegno, solidarietà e un pensiero.
Abbiamo chiesto a numerosi scrittori un racconto in regalo, per creare un'antologia che mettiamo in vendita. Tutto il ricavato sarà devoluto alle popolazioni colpite dal sisma. Il pensiero e il denaro arriveranno dove devono e sappiamo che, in ogni caso, ci sarà un pezzo di cuore di ciascuno di noi assieme ai fondi necessari a ripartire. Ripartire è l’obiettivo principale, senza una mano tesa nessuno può sperare di riuscire in qualcosa. Noi siamo qui per questo. Anche voi.
https://www.amazon.it/dp/B01MDRGBXF/
vi informo che l'antologia a sostegno delle persone colpite dal sisma è finalmente online.
La Terra ha tremato, ma noi siamo ben piantati a terra e vi chiediamo sostegno, solidarietà e un pensiero.
Abbiamo chiesto a numerosi scrittori un racconto in regalo, per creare un'antologia che mettiamo in vendita. Tutto il ricavato sarà devoluto alle popolazioni colpite dal sisma. Il pensiero e il denaro arriveranno dove devono e sappiamo che, in ogni caso, ci sarà un pezzo di cuore di ciascuno di noi assieme ai fondi necessari a ripartire. Ripartire è l’obiettivo principale, senza una mano tesa nessuno può sperare di riuscire in qualcosa. Noi siamo qui per questo. Anche voi.
https://www.amazon.it/dp/B01MDRGBXF/
domenica 2 ottobre 2016
OLTRE I CONFINI DEL TEMPO - TREDICESIMA PUNTATA
CAPITOLO 13
S
|
ara
fu svegliata all’alba da un’agitatissima Gina, che correva per la stanza come
un fulmine, trasportando abiti, corsetti e sottogonne da farle indossare.
Pareva indemoniata, il che la fece ridacchiare sottovoce.
Si sollevò su un gomito, sull’enorme letto
a baldacchino. – Che diavolo ti prende?
Gina sospirò, alla disperata ricerca di
qualcosa. – Dobbiamo sbrigarci. La signora contessa vi aspetta in salone fra
non più di venti minuti!
La prima cosa che notò fu il fatto che la
sua amica fosse tornata a rivolgersi a lei dandole del “voi”. – Non si era
deciso di darci del “tu”? – chiese, aggrottando la fronte e balzando giù dal
letto con un salto. L’elegante e morbido tappeto ai suoi piedi attutì la
discesa, donandole una sensazione di confortante calore.
Gina tirò fuori dall’armadio un cappellino
da passeggio e tornò a fissarla sconcertata. – Oh, ma la situazione è cambiata!
Non posso rivolgermi in tono tanto informale alla futura contessa.
– Neppure se te lo chiedo io?
Lei non si lasciò sviare e proseguì la sua
ricerca, fintanto che non ebbe trovato il paio di stivaletti che evidentemente
desiderava farle indossare. A Sara pareva davvero buffo lasciarsi vestire come
una bambola. Era abituata a scegliere lei stessa cosa indossare e cosa no.
Alzando gli occhi al cielo, si tolse la camicia da notte e la gettò sul letto,
lo sguardo leggermente accigliato. Gina fu subito accanto a lei per aiutarla a
indossare la biancheria intima: corsetto, sottogonne… avrebbe dato qualsiasi
cosa per un paio di slip e un reggiseno della Wonderbra!
Alla fine venne abbigliata con un vestito
a vita alta dalla scollatura generosa e per ovviare all’inconveniente le fu
appuntato un piccolo scialle di seta sulle spalle. L’abito era color rosa
pallido, con polsini di pizzo bianco. Così conciata sembrava davvero una
bambola!
Per non parlare del cappellino in tono con
l’abito, che le fu adagiato sul capo. I capelli invece le furono pettinati in
un rigido chignon, da cui spuntavano alcuni ciuffi debitamente arricciati col
ferro caldo.
Era ridicola.
– Ancora non mi hai spiegato perché la
contessa mi sta aspettando – Si sistemò con un gesto impaziente il cappellino
che le pendeva da un lato e sbuffò. Gina le stava porgendo un ombrellino da
passeggio che la fece rabbrividire.
No,
l’ombrellino no!
– Allora? Vuoi rispondermi?
– Non lo ricordate? Stamattina vi
accompagnerà dalla sarta. Non siete emozionata all’idea di farvi confezionare
un abito da sposa?
Sara si rabbuiò. Se ne era totalmente
dimenticata! E l’idea di andare in giro a braccetto con la futura suocera non
la solleticava affatto, tanto più per scegliere il proprio abito da sposa.
Aveva sempre pensato che, quando fosse giunto il giorno delle sue nozze,
sarebbe stata sua madre ad accompagnarla a fare compere, non certo quell’arpia.
Ma doveva fare buon viso a cattiva sorte, se non altro per compiacere Giulio.
– E va bene – rispose con un sospiro. –
Andiamo incontro al patibolo!
*
* * * * * * * * *
La
bottega della sarta si trovava nel centro della città, a poca distanza da un
enorme palazzo signorile che la contessa le indicò come la dimora dei Galeota.
A Sara sembrò di averlo già visto nella sua epoca, quando aveva girato per le
vie di Taranto con la sua classe. Se non sbagliava, la Baldini aveva affermato
che all’interno ospitava il museo etnografico “Alfredo Majorano”. Faceva uno
strano effetto rendersi conto che in quel momento era abitato, proprio come la
residenza dei conti Nardò.
Con aria rassegnata si lasciò condurre
attraverso le vie non asfaltate, fino a un elegante negozio che dava su una delle
strade principali. Appesi a dei manichini di legno, esposti nella grande
vetrina della sartoria, vi erano un paio di vestiti simili a quello che era
stata costretta a indossare. Si augurò che i modelli degli abiti da sposa
fossero di gran lunga migliori. Se proprio doveva indossarne uno, preferiva che
fosse un capo elegante e raffinato.
Un campanello collegato alla porta suonò
al loro ingresso, facendola sobbalzare. Era decisamente tesa. La contessa le
lanciò uno sguardo di disapprovazione, prima di salutare con un cenno del capo
la commessa che era accorsa per servirle e che si stava prodigando in un
inchino.
– Buongiorno signora contessa, in cosa
possiamo esservi utili?
Lei sorrise indulgente, la mano destra
serrata sul ventaglio che si portava sempre dietro come antidoto alla calura di
inizio estate. Sara avrebbe scommesso che si sarebbe volentieri mangiata la
lingua piuttosto che ammettere che erano lì per scegliere il suo abito da sposa. La osservò in
tralice, trattenendo un sorrisino.
– La fanciulla che mi accompagna ha
urgente bisogno di un corredo per le sue imminenti nozze con mio figlio. E
naturalmente dobbiamo scegliere un abito da sposa.
La commessa si voltò a esaminarla da capo
a piedi, sul volto un’espressione sorpresa. – Oh, congratulazioni, signorina! –
esclamò con un sorriso gioviale. – A quando le nozze?
Sara arrossì. Non le era mai piaciuto
sentirsi al centro dell’attenzione. – Ehm, la prossima settimana, se riusciremo
a ottenere una licenza speciale.
La ragazza sgranò gli occhi e impallidì. –
Oh, cielo! Non c’è tempo a sufficienza per confezionarvi un abito alla moda!
Lei scrollò le spalle. – Non importa. Sarà
una cerimonia semplice e non ho bisogno di qualcosa di elaborato – lanciò
un’occhiata distratta ai manichini esposti nel negozio, mentre sentiva gli
occhi della commessa indugiare su di lei, sempre più curiosi. Qualcosa le
diceva che affrettare le nozze in quel modo non era considerato assai
lusinghiero a quei tempi. Le parve di leggere un moto di disapprovazione negli
sguardi delle altre clienti che avevano ascoltato i loro discorsi. La contessa
invece aveva un sorrisino soddisfatto stampato su quella sua faccia da iena.
Sara raddrizzò la schiena e imitò
un’andatura regale, simile a quella delle gentildonne che aveva avuto modo di
osservare dal giorno del suo arrivo a Taranto. Si avvicinò a uno dei modelli
esposti, un abito color crema di fattura piuttosto semplice, ma a suo parere
elegante e di gran fascino. – Ecco, mi piacerebbe qualcosa di simile – lo
indicò, voltandosi appena in direzione della commessa.
Lei corrugò la fronte. – Non desiderate
qualcosa di più colorato che dia un po’ di luce al vostro incarnato? Abbiamo
diversi modelli sui toni del verde o dell’azzurro.
– Ho sempre sognato di sposarmi in bianco,
l’abito color crema andrà più che bene.
La contessa si schiarì la voce,
indubbiamente contrariata. C’era qualcosa in quel che faceva che andasse a genio
a quella donna? Le lanciò uno sguardo perplesso che lei ricambiò con sdegno. –
Il bianco o il crema non si adatta per niente alla tua carnagione, Sara.
Accetta i consigli di chi ha più esperienza di te.
Ah,
no. Questo è troppo!
I suoi occhi si ridussero a due fessure,
ricolme di indignazione. – Non ho chiesto se mi sta bene. Voglio l’abito crema.
Il volto della futura suocera si tinse di
rosso fino alla radice dei capelli. Sara ebbe l’impressione di vederle gli
occhi schizzare fuori dalle orbite mentre replicava, gelida: – Come osi,
piccola intrigante? Non ho intenzione di permettere che tu faccia sfigurare mio
figlio e la nostra famiglia, il giorno delle nozze. Indosserai un abito degno
dei Nardò.
Quella donna era pazza. Sara aggrottò la
fronte, grattandosi la punta del naso. – Sono io che mi sposo e vorrei
scegliere da sola l’abito dei miei sogni. Su questo punto non transigo e non
credo che Giulio sarebbe contento di sapere che voi vi siete intromessa in
quella che dovrebbe essere una mia
scelta.
La contessa strinse il ventaglio quasi
fino a spezzarlo, probabilmente desiderando che fosse il suo collo. – Ti credi
di essere già la padrona, non è vero? – sibilò, fissandola con odio. – Solo perché
sei riuscita a incantare mio figlio con le tue moine…
– Adesso basta! – Sara era davvero
infastidita. Puntò i piedi per terra, le mani strette sui fianchi in
atteggiamento di sfida. Non le importava delle persone intorno a loro che
stavano sgranando gli occhi allibite, bisbigliando fra loro. – Se non potrò
avere l’abito che desidero, mi sposerò coi vestiti che avevo quando sono
arrivata qui. Non indosserò qualcosa di pacchiano e ridicolo solo per farvi
piacere.
La vide tremare come se cercasse di
contenere la rabbia, ma alla fine cedette. – E sia – concesse con una tale
furia nello sguardo da incendiare un’intera foresta. – Vada per l’abito crema.
Sara sorrise soddisfatta. – Bene.
Il resto della mattinata passò in fretta,
fra prove di abiti, biancheria intima, scarpe e quant’altro. Alla fine risultò
quasi divertente, come quando nel ventunesimo secolo usciva con le amiche a
fare shopping. Si accorse solo in quel momento che non avrebbe potuto condividere
quel momento con nessuna di loro. Non avrebbero neppure saputo del suo
matrimonio o del fatto che si era innamorata e stava provando qualcosa di molto
simile alla felicità. Ricacciò indietro le lacrime e si costrinse a sorridere.
Non voleva pensarci ora e rovinare uno dei momenti più importanti della sua
vita.
*
* * * * * * * * *
Quando
uscirono dal negozio era ormai quasi l’ora di pranzo e lo stomaco di Sara
cominciò a brontolare poco dignitosamente. Attraversò la strada, guardandosi
attorno con attenzione per non finire travolta da una carrozza, e precedette la
futura suocera che stava arrancando dietro di lei, agitando il ventaglio sul
viso accaldato.
Fu in quel momento che lo vide. Un ragazzo
dal viso fin troppo familiare camminava con la schiena ricurva, vestito con una
maglietta nera e un paio di jeans sdruciti. Stava cercando di farsi notare il
meno possibile, ma gli sguardi incuriositi delle persone attorno a lui lo
seguivano come dei radar. Sarebbe stato impossibile non accorgersi di lui.
– Mario! – esclamò Sara a voce alta, il
cuore che le batteva contro le costole. Non riusciva a crederci. Era anche lui
lì? Forse c’era qualcun altro della loro classe perso nel tunnel del tempo? Lui
si voltò all’istante, sul viso un’espressione intimorita e allo stesso tempo
sorpresa. Sbatté le palpebre un secondo, prima di riconoscerla e cambiare
direzione per raggiungerla. Ma in quello stesso istante una mano le arpionò il
braccio come una morsa.
– Sei per caso impazzita? – le alitò in
faccia la contessa. – Vuoi dare spettacolo in mezzo alla strada?
Stava per ribattere che conosceva quella
persona, ma lei non le diede il tempo. La trascinò, incurante delle sue urla di
protesta, fino alla carrozza che li attendeva dall’altro lato della strada. La
sospinse all’interno e Sara si ritrovò a cadere sul sedile imbottito, senza
alcuna possibilità di fuga. Lo sportello della vettura si chiuse dietro di lei
mentre il cocchiere faceva partire i cavalli. Sara mise la testa fuori dal
finestrino, cercando Mario con lo sguardo. Provava qualcosa di molto simile al
panico. Lo vide fissarla allibito e rincorrere la carrozza per un po’, ma i
cavalli erano troppo veloci e dovette desistere.
Lacrime pungenti le offuscarono la vista e
le scacciò con un gesto rabbioso della mano. Maledizione, l’aveva perso! Quello
era l’unico contatto con la sua vecchia vita e non aveva la più pallida idea di
come rintracciarlo. Ricadde sul sedile con una sensazione di gelo nelle ossa,
nonostante la temperatura esterna sfiorasse, a occhio e croce, i trenta gradi.
Doveva fare qualcosa per mettersi in
contatto con lui. Ma cosa?
*
* * * * * * * * *
Giulio
entrò nel suo studio con alcuni libri mastri da esaminare. Aveva trascurato le
sue proprietà e le terre dei Nardò troppo a lungo, ma aveva intenzione di
rimediare. Solo che per farlo, avrebbe dovuto capirci qualcosa del lavoro
svolto dal proprio amministratore.
Sospirò, sollevando lo sguardo, e quasi
rimase impietrito nel vedere Sara raggomitolata sulla sua poltrona, gli occhi
rigati di lacrime. – Cosa è successo? – chiese, posando all’istante i libri che
aveva sottobraccio. Si inginocchiò ai suoi piedi, cauto. Con Sara non sapeva
mai come comportarsi. Poteva irradiare dolcezza, fare le fusa come una gatta
oppure esplodere come un fuoco d’artificio.
Lei tirò su col naso, pulendosi con la
manica del vestito. – Niente. Solo un po’ di malinconia.
Gli occhi di Giulio si addolcirono. – Mia
madre è stata troppo dura con te? Ho sentito dire che avete avuto un diverbio
per la scelta del tuo abito da sposa.
Sara annuì, l’aria un po’ depressa. –
Voleva scegliere al posto mio, ma io non gliel’ho permesso. Immagino che sia
piuttosto in collera.
Lui allungò una mano per sfiorarle i
capelli. Alcuni riccioli ribelli le erano sfuggiti dall’acconciatura, donandole
un’aria disordinata e incredibilmente sensuale. Deglutì, incapace di
distogliere lo sguardo. – Non badare a mia madre. È sempre stata abituata a
dirigere tutti noi con la bacchetta, ma dopo le nozze sarai tu la contessa,
l’unica padrona di questa casa e del mio cuore.
– Questo dovrebbe tranquillizzarmi? – Sara
fece un sorriso timido che gli fece provare una strana sensazione, molto simile
all’affetto.
– Non saprei. Tu cosa ne dici?
Lei scrollò le spalle. – Non ne so nulla
di come si conduca una casa come questa né di come si organizzino ricevimenti o
di come si mandino gli inviti per il tè alle famiglie aristocratiche della
città. Tutto sommato, non credo che tu faccia un buon affare sposandomi.
Giulio si lasciò sfuggire una risatina. –
Ti confesso una cosa: io odio i ricevimenti e i raduni delle signore dell’alta
società. Per tutto il resto c’è Matilde, la nostra governante. Saprà
consigliarti al meglio, vedrai.
– Quindi non sei pentito della tua scelta?
– Sara inarcò un sopracciglio in un modo che gli parve buffo e dolcissimo allo
stesso tempo. Si avvolse un suo boccolo attorno al dito, fingendo di
riflettere.
–
Uhm, vediamo…hai detto che non sai organizzare ricevimenti o scrivere inviti…
immagino che tu non sappia neppure come ci si comporta in società, giusto?
Lei scosse il capo, facendo danzare i suoi
riccioli attorno al viso a forma di cuore. – Assolutamente no.
Giulio si finse sempre più perplesso. – E
che non sai cavalcare già lo so.
– Detesto i cavalli – ammise lei, sincera.
Era bellissima mentre lo fissava con quell’ingenuità disarmante che lui sapeva
trasformarsi in pura passione solo per un suo tocco.
Le afferrò la nuca con la mano,
attirandola più vicino. – Dimmi allora, cosa sai fare per essere una sposa
degna di questo nome?
Le loro labbra erano così vicine che
Giulio provò un tale desiderio da rendergli difficile anche solo respirare.
Infine Sara lo baciò. Un bacio lieve, appena uno sfioramento di labbra che
tuttavia si intensificò, incendiandogli i sensi in modo devastante.
Dio mio, se sapeva baciare!
La sua lingua si insinuò all’interno della
bocca di lui e il suo sapore dolce gli diede alla testa.
– So fare questo – mormorò, le guance
leggermente arrossate. – So che non è molto, ma…
Lui si schiarì la voce. Non era sicuro di
riuscire a proferire parola, prima doveva ricordarsi di respirare. – Cielo,
Sara… mi stai uccidendo, lo sai?
– Era solo un bacio – ridacchiò,
scostandosi un ciuffo dalla fronte.
– Solo un bacio? – le fece eco lui,
afferrandole la mano candida e posandosela sull’inguine. – Guarda cosa mi ha
fatto il tuo bacio.
La vide diventare di un rosso scarlatto
davvero delizioso. – Wow! Il tuo amico qui è già sull’attenti.
Giulio la fissò traboccante di passione. –
Non credo di riuscire a resistere per un’intera settimana.
Lei assunse un’aria pensosa e allo stesso
tempo birichina. – Sei sicuro che dobbiamo restare in astinenza completa fino
alle nozze? Non possiamo concederci neanche un po’ di petting? – Si morse il labbro in maniera provocante, suscitandogli
un brivido lungo la schiena.
Giulio ansimò. – Cos’è che non possiamo
concederci? Temo di non capire…
– Ehm, petting…
come dite voi? Preliminari? Le coccole che precedono l’atto sessuale?
Ebbe la sensazione che l’aria gli
fuoriuscisse dai polmoni. Dio mio, aveva capito male o gli stava proponendo di…
– Sei una strega tentatrice, lo sai? No, niente preliminari. Ai fidanzati non è
concesso nulla di più di qualche bacio rubato.
Sara sbuffò con aria un po’ comica. – Che
palle! – disse, facendogli corrugare la fronte. Ecco che se ne usciva di nuovo
con quelle sue frasi bizzarre. Tuttavia, era decisamente adorabile.
– Dunque ti è passata la malinconia? – le
chiese, sforzandosi di cambiare argomento. Si stavano addentrando in un terreno
pericoloso e il suo uccello era già fin troppo teso e dolorante.
Lei sorrise e si alzò. – Sì, va molto
meglio ora. Ti lascio lavorare.
E chi sarebbe riuscito a lavorare ora? Ma
non disse nulla. Si limitò a fissarla mentre si allontanava, dondolando quel
suo irresistibile fondoschiena. A quel punto quel che gli serviva era un bel
bagno nell’acqua gelata. Forse due.
Iscriviti a:
Post (Atom)