lunedì 19 settembre 2016

OLTRE I CONFINI DEL TEMPO - DODICESIMA PUNTATA

CAPITOLO 12


S
ara si lasciò cadere sul letto, sfinita. Era stata una giornata interminabile e ricca di emozioni; non aveva avuto un attimo per riflettere con calma sull’enormità della decisione presa: tutti volevano congratularsi con lei! Aveva stretto mille mani e dispensato sorrisi, al punto che ora le doleva la mascella. L’intera servitù di casa Nardò era su di giri. Persino Gina, che negli ultimi giorni era diventata per lei qualcosa di molto simile a un’amica, l’aveva inondata di chiacchiere e felicitazioni, facendole venire il mal di testa.
     Chiuse gli occhi e fece un respiro profondo.
     Sara, in che guaio ti sei cacciata?
     Cosa le era saltato in mente di accettare di sposare Giulio? D’accordo, lui era adorabile. Bello, affascinante e ricco. Ma si conoscevano da meno di due settimane! Lo stesso tempo che le era servito per dimenticare quello che aveva creduto l’amore della sua vita: Mario.
     E se anche quella folle attrazione per Giulio fosse scomparsa? E lei si fosse ritrovata intrappolata in un matrimonio che non desiderava realmente, lontana dal suo mondo e dalle persone che amava? Più si legava a Giulio, meno possibilità aveva di tornare indietro. Se ne rendeva conto?
     Si sentì soffocare e si tirò su di scatto, per correre ad aprire la finestra. Aveva bisogno di aria. Per fortuna, la brezza leggera della sera le diede un po’ di sollievo. Stava per allontanarsi, quando colse un’ombra familiare dirigersi verso le stalle. Era Giulio. Avrebbe riconosciuto il suo incedere deciso anche a chilometri di distanza. Ammirò il suo fisico asciutto che sprizzava vitalità e si ritrovò a sospirare, come una ragazzina di fronte alla rockstar preferita.
     Come spinta da un impulso irrefrenabile, si gettò uno scialle sulle spalle e scese in giardino, nel tentativo di raggiungerlo. Lo trovò insieme a Nerone, intento a strigliare per bene il proprio cavallo.
     – Ciao – gli disse, appoggiando la schiena alla parete di legno della stalla, le braccia strette attorno allo scialle.
     Lui si voltò e, vedendola, sorrise. – Ciao. Ancora in piedi?
     Sara fece un sospiro. Notò che Giulio aveva un accenno di ombre scure sotto gli occhi, che però non toglievano nulla alla sua rude bellezza. – Non riesco ad addormentarmi. E tu?
     – Anch’io. Troppi pensieri per la testa.
     – Dimmi che non stiamo facendo una cazzata.      
     Lui corrugò la fronte, in un gesto che ormai le era divenuto familiare. – Che cosa?
     – Mi riferisco al matrimonio. E se ci stiamo imbarcando in qualcosa di molto più grande di noi? Non hai paura?
     La sua bassa risata quasi la fece trasalire. – Sara, centinaia di persone si sposano ogni giorno nel mondo. Non è una malattia incurabile. Di cosa hai paura?



     Lei gli si avvicinò, soffermandosi a un passo da lui. Si era arrotolato le maniche della camicia e il suo sguardo fu calamitato dalle sue braccia muscolose, ricoperte da una peluria scura molto virile. Era bello da morire. – Non lo so, mi sembra tutto così affrettato… ci conosciamo da meno di due settimane!
     Giulio si tese verso di lei per sfiorarle un braccio. – Considerato che ci sono persone che si sposano senza mai essersi viste o frequentate, noi partiamo avvantaggiati.
      – Ti stai burlando di me?
      – Niente affatto. Pensa a tutte quelle fanciulle che vengono promesse in sposa dai propri genitori a uomini che nemmeno conoscono. Alcune di loro non sono mai state baciate e non sanno se il loro futuro marito sarà buono con loro o si comporterà in maniera rude, stuprandole la prima notte di nozze. Quante unioni ci sono di questo tipo? Per noi è diverso. Non ho dubbi sul fatto che sotto alle lenzuola faremo scintille, insieme.
     Lei rabbrividì ignorando il suo sguardo malizioso. Non aveva mai riflettuto su come andassero certe cose a quei tempi. Le donne erano considerate oggetti di cui disporre liberamente. In quell’ottica, era stata fortunata a incontrare un uomo come Giulio.
     – Ma un matrimonio non si basa solo sul sesso – protestò, un poco indignata. – E se la nostra fosse solo attrazione fisica? Che bisogno c’è di sposarsi? Possiamo semplicemente andare a letto insieme!
     Un sopracciglio di Giulio schizzò verso l’alto. – Strano che a dirlo sia tu. Di solito è l’uomo quello che cerca di liberarsi dal giogo del matrimonio, cercando solo il proprio divertimento con donne compiacenti. E se non sbaglio, quando ti ho proposto di diventare la mia amante, ti sei rifiutata.
     – Forse ho sbagliato – Sara lo fissò con aria di sfida. Non capiva come facesse a essere così tranquillo, quando si discuteva del loro futuro insieme. Non era lui quello che diceva di non volersi sposare? Il sangue le pulsava nelle orecchie e il cuore si muoveva al ritmo di una danza scatenata, mentre restava in attesa di una sua risposta. Stava giocando col fuoco e il rischio era quello di scottarsi. Per sempre.

* * * * * * * * * *

Giulio si grattò la testa, incerto su come prendere quel voltafaccia. Quella ragazza si metteva d’impegno per confonderlo, ma lui non intendeva cedere su quel punto. Adesso non si sarebbe accontentato di niente di meno di un matrimonio in piena regola. Non gli bastava più la semplice idea di possederla. Voleva che Sara fosse sua moglie e che a nessun altro potesse passare per il cervello di portargliela via.
     Socchiuse gli occhi. – Abbiamo già annunciato il nostro fidanzamento alla mia famiglia – disse, sforzandosi di mantenere un tono di voce calmo e conciliante; poco importava se l’unico membro familiare in questione fosse sua madre, la quale sarebbe stata ben lieta di un ripensamento. – Hai idea di cosa succederebbe, se ci tirassimo indietro ora?
     La vide scuotere la testa, i riccioli biondo rame che le danzavano attorno al viso. Dio, se era bella! Non riusciva a smettere di fissarla e la desiderava in un modo talmente devastante che era una vera tortura cercare di rispettare l’impegno preso e attendere fino alla prima notte di nozze.
     Imprecò sottovoce. – Diamine, Sara… saresti rovinata!
     – Definisci il termine “rovinata”, per favore.
     La sorpresa gli fece sbattere le palpebre. – Finiresti sulla bocca di tutti e nessuno vorrebbe più sposarti, o avere a che fare con te – Ignorò volutamente il fatto che Sara effettivamente fosse già in rovina, senza un tutore che si occupasse di lei, o una dote.
     Lei lo fissò in cagnesco. – Tutto questo solo per aver rifiutato di sposarti?
     Giulio annuì con convinzione. – Certo.
     – Stai cercando di dirmi che non si torna indietro?
     – Esattamente.
     Sara chiuse gli occhi, appoggiando la testa al suo petto. Quel semplice contatto lo fece fremere di desiderio. Tutti i suoi muscoli si tesero e il cuore cominciò a battergli contro le costole, come impazzito. – E cosa succederà se uno di noi due si pentirà della decisione presa? – chiese lei, in un sussurro.
     Giulio le prese il mento fra due dita, costringendola a guardarlo. – Non accadrà. Mai.
     Lei tremò quasi impercettibilmente fra le sue braccia. Sembrava un cucciolo smarrito e lui promise a se stesso che se ne sarebbe preso cura nel migliore dei modi. – Sara, io ti renderò felice. Lo giuro.
     – Un altro ragazzo, tempo fa, mi promise la stessa cosa – fece lei, la voce rotta dall’emozione. – Sai com’è finita? Si è messo con un’altra, senza curarsi affatto dei miei sentimenti o di quello che provavo per lui. Non voglio rendermi conto di aver fatto di nuovo un terribile sbaglio. Non lo sopporterei.
     Giulio si irrigidì. Dunque c’era stato davvero un altro uomo nella vita di Sara. Un pensiero omicida si fece strada in lui, con la forza di un uragano. Dovette chiudere gli occhi e inspirare, nel tentativo di calmarsi. – Bastardo, figlio di puttana! – mormorò, accarezzandole piano i capelli.
     Sara si staccò da lui quel tanto che bastava per guardarlo. – Tu non mi lascerai, vero? Promettilo!
     – Non lo farò – E nel preciso momento in cui pronunciò quella frase, seppe che era vero.

* * * * * * * * * *

Sara non sapeva per quale motivo gli avesse chiesto una cosa del genere. In fondo non era lei a desiderare di fuggire da lì, per fare ritorno nella sua epoca? Ciononostante si sentì sollevata al pensiero che lui facesse sul serio. Nessuno l’aveva mai fatta sentire importante come stava facendo Giulio adesso. Era rassicurante.
     E poi non doveva dimenticare che forse non sarebbe mai tornata indietro. Qualunque cosa fosse successa, ora sapeva che Giulio sarebbe rimasto al suo fianco. Era strano, ma sentiva di potersi fidare ciecamente di lui.
     Protese le labbra verso le sue, sollevandosi sulla punta dei piedi, e lo baciò. Immediatamente lui la cinse con le sue forti braccia, approfondendo il bacio e facendole venire i brividi. – Voglio fare l’amore con te – gli disse, staccandosi. 
     Giulio rise, la voce ridotta a un sussurro roco. – Dannazione, Sara… non sai che tortura sia per me dovermi trattenere. Ma voglio aspettare la prima notte di nozze. Non intendo disonorarti in alcun modo.
     Lei sbuffò. Trovava ridicola quell’usanza, ma si costrinse ad accettare il fatto che Giulio avesse una mentalità diversa dalla sua. Avrebbe dovuto imparare a conviverci, così come con tante altre cose. Tornò a fissarlo negli occhi. – D’accordo. Aspetteremo. Tuttavia, c’è un’altra cosa importante che devo chiarire prima del matrimonio.
     Giulio la strinse più forte contro il proprio petto. – Dimmi, ti ascolto.
     – Promettimi che non mi tratterai mai come un oggetto. So che una donna non viene considerata un essere pensante, eppure lo siamo. Io sono stata educata diversamente e non riuscirei a sottostare a determinate regole, neppure se mi impegnassi.
     Lui sorrise, negli occhi un accenno di ironia. – Non ho intenzione di cambiare quello che sei. Mi piaci esattamente così: sveglia, testarda, appassionata… amo il tuo carattere ribelle e il fatto di poter parlare con te, proprio come farei con un altro uomo. Non ti trasformerei mai in una di quelle damigelle insulse, capaci solo di discutere del tempo e pronte a chinare la testa in qualsiasi momento. Voglio una donna stimolante e audace al mio fianco ed è per questo che ho scelto te.    
     Sara sbatté le palpebre e tirò su col naso. Le sue parole l’avevano commossa. – Okay – mormorò, sforzandosi di darsi un contegno. Non voleva trasformarsi in una ragazza piagnucolosa proprio adesso!
     Giulio aggrottò di nuovo la fronte. – Okay? Che diavolo significa?
     Mordendosi la lingua, Sara imprecò sottovoce. Non avrebbe imparato mai a esprimersi come una dama dell’Ottocento. Era più forte di lei. – Va bene… intendevo dire che è tutto a posto.
     Ma lui stavolta non si diede per vinto. – Ne sono felice, ma dove hai tirato fuori questo termine così buffo? Okay… non l’ho mai sentito! E non dirmi che è un’espressione tipica fiorentina. Abbiamo dialetti differenti, è vero, ma talvolta ho l’impressione che tu ti esprima proprio in un’altra lingua.
     – Inglese. Deriva dall’inglese parlato nelle colonie americane, d’accordo? – fece lei, spazientita, alzando gli occhi al cielo. – Zero killed, nessun morto, quindi significa tutto bene. È più chiaro adesso o devo essere messa in croce per ogni singola parola che dico?
     Giulio pareva perplesso. – Hai vissuto nelle colonie americane? È da lì che nascono certe tue stranezze?
     – Non ho detto questo. E non sono strana! – Sara si staccò da lui con uno strattone e si mise le mani sui fianchi, sempre più esasperata. E se ora lui l’avesse tempestata di domande? Ma Giulio fece un sorrisino, attirandola nuovamente a sé.
     – Adoro quando ti infiammi così. Mi viene voglia di baciarti fino a toglierti il respiro.
     Lei inarcò un sopracciglio. – Perché non lo fai, allora?

     E lui la baciò.


giovedì 8 settembre 2016

OLTRE I CONFINI DEL TEMPO - UNDICESIMA PUNTATA

CAPITOLO 11


A
ncora con le guance in fiamme, Sara si rifugiò in un’ala del palazzo in cui non era ancora stata. Attraversò un lungo corridoio sulle cui pareti facevano bella mostra di sé i ritratti degli antenati dei conti di Nardò: immense tele a olio che raffiguravano cavalieri in sella ai loro destrieri o scene di caccia. Si soffermò a studiarle una per una, sforzandosi di trovare delle somiglianze fra quegli aristocratici dalle espressioni arcigne e l’attuale conte. Non ne trovò. Giulio era unico: l’uomo più affascinante che avesse mai visto.
     Sospirò, appoggiandosi alla fredda pietra della parete, gli occhi serrati per non permettersi di piangere. Era confusa e irritata con se stessa per la piega che aveva preso la situazione con Giulio. C’era un’unica cosa su cui doveva concentrarsi e non era certo amoreggiare col padrone di casa; un uomo appartenente a un’altra epoca e con una mentalità così diversa dalla sua che sarebbe stato impossibile trovare delle affinità fra loro, attrazione fisica a parte.
     Si lasciò cadere sul pavimento, piegando le ginocchia che circondò con le braccia, nascondendovi il viso. Avrebbe voluto scoprire che tutto quello era solo un sogno; svegliarsi e ritrovarsi nella sua cameretta, a Firenze. Per un attimo le parve di sentire le voci dei suoi genitori che discutevano scherzosamente in cucina e il suono della televisione che lasciavano sempre accesa, anche quando nessuno la guardava. Sua madre diceva che le teneva compagnia e, anche se era affaccendata dietro alla cena da preparare o la tavola da apparecchiare, le piaceva ascoltare i suoi programmi preferiti. Impazziva per Cuochi e fiamme e Master Chef.
     Sara si chiese se i suoi la stessero ancora cercando o se si fossero semplicemente rassegnati al fatto di averla persa per sempre. Si accorse di avere un groppo in gola che le impediva di respirare e si lasciò sfuggire un singhiozzo disperato. Solo in quel momento capì di non essere più sola. Una mano calò su di lei; poté sentirne la lieve pressione sulla spalla.
     Si voltò. – Cosa ci fai tu qui? – Gli occhi di Giulio la fissarono emozionati. Forse era semplice compassione. Non voleva che provasse pena per lei, desiderava solo essere lasciata in pace.
     Lui si schiarì la voce. – Una delle cameriere mi ha detto di averti vista salire quassù e che sembravi sconvolta. È per colpa mia?
     Sara si limitò a scuotere la testa e distolse lo sguardo. Come spiegargli il peso che aveva sul cuore? Quanta nostalgia provasse per i genitori, la sua casa, i suoi amici… non poteva confidarsi con nessuno, perché nessuno avrebbe capito.
     – Sara, cosa devo fare con te? – chiese Giulio, sedendosi al suo fianco sulla nuda pietra.
     Lei trasalì. – In che senso?
     – Perché non vuoi permettermi di prendermi cura di te?
     – Io non ho bisogno che qualcuno si prenda cura di me – lo disse quasi con rabbia, le labbra tese in una linea dura, contratte.
     Giulio le rivolse uno sguardo di disapprovazione. – Una donna ha sempre bisogno del sostegno di un uomo. Che sia uno di famiglia, un amante, un marito o un tutore. Cosa vuoi che faccia, dunque? Che ti sposi?
     Sara sbatté le ciglia, incredula. – Pensi che io stia facendo la preziosa per farmi sposare?
     – Io non so assolutamente cosa pensare. Vorrei che me lo dicessi tu.
     Giulio se ne stava seduto con le lunghe gambe distese e l’aria stanca. Per un attimo le fece tenerezza. – Io non ho mai preteso che tu mi chiedessi di sposarti – sussurrò, scostandosi una ciocca di capelli che le era finita sul viso. – Però mi sono sentita ferita dalla tua proposta. Sapere che andavo bene per scaldarti il letto, ma non per una storia seria… beh, è umiliante.
     Lui sollevò un ginocchio e vi appoggiò il braccio, in una posa rilassata. – Oh, ma tu sei una cosa seria per me. Molto seria. Sara, io sto perdendo completamente la ragione a causa tua. Sai cosa significa?
     Lei deglutì. Gli occhi di Giulio erano incatenati ai suoi e sembravano così penetranti da suscitarle una sensazione strana alla bocca dello stomaco. Lo vide avvicinarsi di più, senza distogliere lo sguardo. Quando le labbra di lui calarono sulle sue non ebbe la forza di negargli quel bacio. In realtà, tutto il suo essere vibrava per il desiderio di quel contatto. Dapprima le sfiorò le labbra con dolcezza, afferrandola dietro alla nuca e attirandola contro il suo corpo solido e muscoloso. Il cuore le rimbombò nel petto mentre si lasciava andare alla sensazione incredibile di quella bocca che si muoveva lenta sulla sua. Lui la stuzzicò con la lingua, succhiandole il labbro inferiore fino a strapparle un gemito. Infine approfondì il bacio, invadendole la bocca come un affamato. Le loro lingue si cercarono avide e si trovarono, per poi tornare a rincorrersi. Era come una danza sensuale che le fece sentire le farfalle nello stomaco.



     – Sposami, Sara – disse Giulio all’improvviso, staccandosi da lei ansante. Il suo petto si muoveva a intervalli irregolari, come se avesse corso. Sara credette di non aver capito bene.
     – Cosa hai detto? – chiese, sgranando gli occhi. Si accorse che stava tremando solo nel momento in cui lui le prese le mani, stringendole con forza.
     – Ti ho chiesto di sposarmi – ribadì, serio. – Ho un disperato bisogno di te e non mi importa cosa penserà la gente o mia madre. Ti voglio al mio fianco, come amica, come amante e come moglie. Voglio proteggerti e prendermi cura di te, per il resto dei miei giorni.
     Per un istante che le parve lungo un’eternità Sara rimase attonita. Poi scosse la testa. – Non posso – Le parole le uscirono di bocca a fatica. Una parte di lei avrebbe voluto accettare quella proposta, affidare a Giulio la propria vita e donargli il proprio cuore.
          – Non puoi o non vuoi?
     Sara fissò le mani di Giulio che continuavano a stringere le sue. – Non posso – ribadì. – Ho appena diciotto anni e il matrimonio è una cosa seria. Non posso prendere una decisione del genere alla leggera.
     I muscoli di lui si tesero e i suoi occhi la trafissero come una lama. – La tua età non mi pare un impedimento. Sei grande abbastanza per avere un marito e mettere al mondo dei figli.
     – Figli? – Sara non riuscì a impedirsi di sgranare gli occhi terrorizzata, ma lui le posò una mano sulla bocca per farla tacere.
     – Shh… lasciami finire! Dicevo che l’età non è un impedimento, ma sono disposto a concederti tutto il tempo che riterrai necessario per rifletterci. È vero, il matrimonio è un passo importante, ma pensa a tutti i vantaggi che ne ricaverai: non sarai più una serva in questa casa, diventerai la padrona, unica e indiscussa. Mia madre non avrà più alcuna autorità per scacciarti. Inoltre sarai la contessa di Nardò e apparterrai a uno dei casati più nobili di Taranto.
     Sara ascoltò incredula. Le sembrava tutto talmente assurdo: lei contessa di Nardò! Si impose di respirare regolarmente. – Tu non capisci…
     – Cosa non capisco? Spiegami.
     Lei scosse il capo. Era frustrata e affranta. – Ci sono cose di me che non sai… – si bloccò, incapace di continuare. Cosa intendeva dirgli? Che veniva dal futuro? L’avrebbe fatta rinchiudere immediatamente in un manicomio e aveva il sospetto che quei posti, in quell’epoca, non fossero affatto accoglienti.
     Giulio inarcò un sopracciglio. – Quali cose? – Lo vide trattenere il fiato. – Hai avuto altri uomini?
     Sara alzò gli occhi al cielo. – Non era questo che intendevo dire! – Ma Giulio non la lasciò proseguire. L’attirò nuovamente a sé, circondandola con un braccio mentre con l’altro le sollevava il mento per costringerla a guardarlo.
     – Non mi interessa conoscere i tuoi segreti – bisbigliò, accarezzandole il labbro inferiore con il pollice. – Me ne parlerai quando ti sentirai pronta. E non mi importa neppure se hai avuto altri uomini. Diamine, ti desidero così tanto che sono disposto a tutto pur di averti.
     Le labbra di Giulio si posarono di nuovo sulle sue, incendiandole i sensi. Ebbe la sensazione di avere fuoco liquido nelle vene, al posto del sangue. Poi quelle stesse labbra scesero sul suo collo, lasciando una scia di baci umidi e roventi al tempo stesso. La testa cominciò a girarle come su una giostra. – Giulio, questo non è leale!
     Ovviamente lui non si fermò. – Ti ho già detto che sono disposto a tutto, no?
     La sua mano si fece strada attraverso la scollatura dell’abito, arrivando a sfiorarle un seno. Sara trattenne il fiato mentre col pollice disegnava dei piccoli cerchi attorno al capezzolo. Chiuse gli occhi, mentre dalla gola le usciva un suono strozzato.
     – Sposami, Sara – le sussurrò lui dolcemente, continuando ad accarezzarla. – Farò di te una donna felice e appagata. Ti darò tutto me stesso, basta che tu mi dica di sì.
     – Sì – le parole le sfuggirono senza riflettere. In quel momento non era propriamente in sé, non avrebbe saputo dire neppure il proprio nome. Ma una cosa la sapeva: voleva essere sua. Completamente. E non le importavano le differenze fra loro e quanto distanti apparissero i loro mondi. Desiderava Giulio Guadalupi, conte di Nardò, con tutta se stessa. E lo avrebbe avuto.

* * * * * * * * * *

– Vieni – fece Giulio, afferrando Sara per un braccio e trascinandosela dietro. – Voglio dare immediatamente la notizia a mia madre.
     Si sentiva euforico, come mai lo era stato nella vita. Il solo pensiero che presto Sara sarebbe stata sua moglie lo rendeva felice. E pensare che fino a pochi istanti prima la sola parola “matrimonio” gli dava la stessa sensazione di un cappio al collo.
     Sara lo strattonò, facendolo voltare verso di lei. – Mi vuoi morta? – gli rispose, pallida in volto. – Tua madre mi ucciderà.
     Giulio trattenne un sorrisino. – Non oserà toccarti con un dito – la rassicurò. – È una mia decisione e lei non ha il diritto di contestarla.
     – Ne sei proprio sicuro? – Sara sembrava scettica, ma lui non aveva alcun dubbio. Diamine, era l’ottavo conte di Nardò e di certo non prendeva ordini da sua madre.
     Giunti al piano degli alloggi padronali, svoltò in direzione del salottino privato della contessa. – Dobbiamo decidere una data – continuò, senza riuscire a smettere di sorridere. – Chiederò una licenza speciale, non voglio un fidanzamento lungo.
     Sara fece un sospiro tremulo, ma lui non se ne curò. Era naturale che fosse timorosa, ma l’avrebbe convinta dell’importanza di accelerare le pratiche. Per tutti i diavoli dell’inferno, la voleva nel suo letto al più presto! Non avrebbe atteso più di una settimana, su questo sarebbe stato irremovibile.
     Tornò a fissarla, stringendole la mano con l’intenzione di rassicurarla. Sara aveva le dita gelide, come se si fosse tramutata all’istante in un pezzo di ghiaccio. Beh, ci avrebbe pensato lui a scaldarla! Sorrise all’idea. – Coraggio – scherzò. – Non stiamo andando incontro al patibolo.



     – A proposito di patibolo – rispose lei, fermandosi di colpo. – Che ne sarà della tua attività di ladro? Non ho intenzione di sposare un brigante, che sia chiaro!
     Giulio aggrottò la fronte. Non ci aveva pensato, ma Sara non aveva tutti i torti. Non aveva intenzione di esporre sua moglie a dei rischi. D’ora in poi gli conveniva rigare dritto. – Parlerò con Ciro e lascerò la banda – disse, senza esitazione.
     Un rumore di passi destò la sua curiosità. Si voltò, augurandosi che nessuno avesse ascoltato i loro discorsi e si ritrovò a fissare gli occhi sgranati della governante. Solo in quell’istante si rese conto che alla servitù dovesse sembrare piuttosto strano vederlo camminare, mano nella mano con Sara. Tuttavia, continuò a stringere quella mano nella sua, inarcando un sopracciglio con aria di sfida. – Stai cercando qualcosa, Matilde? – chiese alla donna, nel tono più autoritario possibile.
     Lei si schiarì la voce. – Sì, signor conte. In realtà stavo cercando Sara – puntò uno sguardo glaciale sulla sua fidanzata, prima di tornare a guardare lui. – Vi ha infastidito in qualche modo? Avrebbe dovuto dare una mano a Gina che sta riordinando le stanze degli ospiti, ma è scomparsa. Tutto il personale di servizio la sta cercando.
     Giulio annuì. – Beh, l’hai trovata ora. Sara è con me e temo che dovrai trovare un’altra persona per le pulizie. Anzi, esigo che tutti i suoi effetti personali siano riportati all’istante nella stanza che le avevo assegnato al suo arrivo in questa casa. Sono stato chiaro?
     Matilde trasalì, come se fosse stata colpita. – Ma la signora contessa ha detto…
     – Non mi interessa cosa ha detto mia madre. Fino a prova contraria sono io il padrone di casa.
     La governante arrossì e fece un rigido inchino, lanciando un’occhiata di sbieco a Sara che aveva assistito al loro scambio di battute in silenzio. – Come desiderate, signor conte.
     Giulio attese che Matilde si congedasse e tornò a trascinare Sara per il corridoio, fino a fermarsi davanti a una porta. Bussò e attese la risposta di sua madre che non tardò ad arrivare. Era certo di trovarla lì. La contessa era solita trascorrere le sue mattinate in quel salottino, a ricamare. Lanciando un ultimo sguardo di incoraggiamento a Sara, entrò, sempre tenendola per mano.
     Come aveva immaginato sua madre sedeva su una poltroncina, china su un ricamo. Sollevò la testa appena sentì la porta aprirsi e richiudersi alle loro spalle. Giulio la vide aggrottare la fronte e irrigidirsi, non appena posò lo sguardo su Sara.
     – A cosa devo questa visita, figliolo? È successo qualcosa?
     Lui cercò lo sguardo di Sara, lo incatenò e lo trattenne. – Io e Sara abbiamo un importante annuncio da fare – disse, senza interrompere il contatto visivo fra loro. Sperava in quel modo di riuscire a trasmetterle un po’ di coraggio.  
     La contessa serrò la presa sul ricamo che ancora teneva fra le mani. – Che tipo di annuncio? – chiese, parlando con la stessa calma che avrebbe usato per disquisire del tempo. Tuttavia, Giulio non si lasciò ingannare. Intuiva la sua tensione dagli occhi, leggermente dilatati, e dalla linea della mascella, tesa come una corda di violino.
     Si schiarì la voce. – Abbiamo deciso di sposarci, madre. Vi sarei grato se voleste occuparvi voi del ricevimento di nozze e tutti i preparativi. Conto di ottenere una licenza speciale per affrettare le pratiche e, se tutto va bene, le nozze verranno celebrate la settimana prossima.
     La contessa si alzò di scatto, lasciando cadere il proprio ricamo sul pavimento. Gli occhi erano due gelidi pezzi di ghiaccio. – Sei per caso impazzito?
     Giulio contò fino a tre, prima di lanciarle un’occhiata incendiaria. – Niente affatto, madre. Anzi, mi sento l’uomo più felice del mondo – pronunciò quelle parole in tono mellifluo, cercando allo stesso tempo di renderle dure e concise. Non aveva intenzione di lasciare spazio a recriminazioni; sua madre doveva rendersi conto chi comandava in quella casa.
     La mano di Sara si agitò sotto la sua. Era sudata e dalle dita serrate poteva intuirne la tensione. – Mi rendo conto che non abbiamo molto tempo a disposizione – riprese a parlare lui, rafforzando la presa. – Ma sia io che Sara siamo concordi nel ritenere che una cerimonia semplice possa fare al caso nostro più di un matrimonio in pompa magna.
     La cercò con lo sguardo e lei annuì. – Certo – aggiunse, con un sorriso timido. – Non desidero un grande ricevimento di nozze. Preferisco qualcosa di intimo.   
     Sua madre si voltò verso di lei, le unghie conficcate nei palmi. – Non ho dubbi a riguardo. Non vedete l’ora di assumere il titolo di contessa, non è così, Sara?
     Un muscolo della mascella gli si contrasse all’improvviso. – Madre…
     Lei dovette intuire la velata minaccia racchiusa in quella semplice parola e abbassò lo sguardo. – Come desideri, figliolo. Mi metterò subito al lavoro e domani accompagnerò Sara dalla sarta. Immagino che avrà bisogno di un corredo e dell’abito di nozze. Con questi tempi ristretti dubito che riuscirà a  farsi confezionare un vestito su misura.
     Giulio guardò Sara, felice di notare che quel particolare non la preoccupava minimamente. – Qualsiasi abito andrà bene – rispose lei, con un’alzata di spalle.
     Si accorse di aver trattenuto il fiato fino a quel momento e lo rilasciò lentamente, molto più sollevato. – Bene. Voglio che non badiate a spese.

venerdì 2 settembre 2016

OLTRE I CONFINI DEL TEMPO - DECIMA PUNTATA

CAPITOLO 10


I
l mattino seguente Giulio si svegliò con un forte mal di testa. Non aveva chiuso occhio per  tutta la notte, girandosi e rigirandosi nel letto con un’unica domanda in testa: cosa diavolo aveva sbagliato con Sara? Tutto a un tratto quella pazza aveva cambiato atteggiamento nei suoi confronti. Era stata dolce e appassionata fra le sue braccia. Poi, senza una spiegazione logica, l’aveva sbattuto fuori dalla propria stanza. Non poteva essersela presa perché le aveva proposto di diventare la sua amante. Gli aveva appena concesso di prendersi delle libertà con lei, senza contare l’episodio della spiaggia che ancora era indelebile nella sua mente.
     Ma allora cosa c’era di sbagliato nell’idea di procurarle un appartamento? Non avrebbe più dovuto lavorare come una serva agli ordini di sua madre. In più avrebbe avuto una sua indipendenza economica e vestiti, gioielli e tutto quanto potesse desiderare. Le avrebbe comprato il mondo, se solo glielo avesse chiesto.
     Di pessimo umore scese per la colazione, senza neppure farsi la barba. Avrebbe chiesto al proprio valletto di occuparsene più tardi. In quel preciso momento era talmente furioso che avrebbe mangiato la faccia a chiunque gli fosse apparso davanti. Purtroppo quando raggiunse la saletta della colazione vi trovò la propria madre, seduta rigida e impettita come al solito, e il ricordo di come avesse ignorato i suoi ordini gli affiorò alla mente senza che potesse evitarlo.
     Lei sollevò lo sguardo, corrugando leggermente la fronte. – Tutto bene, caro? Non hai un bell’aspetto.
     Di tutte le cose che poteva dire quella fu la peggiore. – Provate a indovinarne il motivo, madre.
     – Non saprei. Qualcosa ti turba?
     Giulio si lasciò cadere su una sedia e attese che il lacchè gli versasse del tè, prima di lanciarle un’occhiata incendiaria. – Sì, decisamente, madre. Mi turba il fatto che in questa casa le mie disposizioni siano tenute di così poco conto.
     Lei smise di spalmare la marmellata su una fetta di pane tostato e gli rivolse uno sguardo stupito. – A cosa ti riferisci?
     – Sbaglio o vi avevo chiesto di trattare Sara come una mia ospite? – Non riuscì a evitare di dare alla propria voce un tono infastidito. – Per caso siamo soliti far dormire gli ospiti nell’ala della servitù? E farli lavorare al posto dei nostri domestici?
     Sua madre impallidì. – Avrei dovuto immaginare che quella ragazza sarebbe subito corsa da te a lamentarsi. Non ha perso tempo, vedo.
     – Sara non mi ha detto proprio nulla – rispose lui, sempre più contrariato. – Pensavate che non l’avrei scoperto da solo?
     – Giulio, ascolta… sai bene cosa penso in proposito. Sara non può restare qui sotto gli occhi di tutti. Già hanno cominciato a girare delle voci spiacevoli. Per ora le ho permesso di rimanere, facendo credere a tutti che fosse al nostro servizio. Ma se tu ti ostini a trattarla come un’ospite dovremo fornire delle giustificazioni. Cosa diremo? Che è una lontana parente bisognosa d’aiuto?
     Lui si accigliò. Buttò giù una sorsata di tè, rischiando di scottarsi la lingua. Poi tornò a fissare la madre, intenta ad addentare il suo toast. – Non mi interessano i pettegolezzi. Mi sembrava di avervelo già detto, no? Comunque mi occuperò io della questione. Potete stare tranquilla.
     Detto ciò si alzò di scatto, avviandosi verso la porta. Gli era passata del tutto la fame e la compagnia di sua madre non aveva contribuito a migliorare il suo già pessimo umore. Stava per fare ritorno in camera sua, quando scorse una chioma color biondo rame inconfondibile. Si era raccolta i lunghi capelli in una treccia, ma era indiscutibilmente Sara la ragazza che stava trascinando un enorme secchio di acqua calda su dalle scale.



     – Hai bisogno di aiuto? – le chiese, avvicinandosi di soppiatto.
     Lei trasalì e per poco non rovesciò l’intero contenuto del secchio. – No, grazie – rispose, dopo essersi lasciata sfuggire un’imprecazione. – Ce la faccio da sola.
     Giulio era scettico. Forse a un’occhiata distratta poteva sembrare che lei fosse perfettamente padrona della situazione, ma lui non si lasciò ingannare dalle apparenze: il viso di Sara era leggermente arrossato e la sua fronte imperlata di sudore. Probabilmente aveva fatto su e giù per le scale più volte, con un secchio pesante da trasportare. La vide detergersi con la manica dell’uniforme da cameriera, prima di riprendere a salire la scalinata.
     Con un sospiro esagerato lui le prese il secchio dalle mani. – Lascia fare a me! – disse spazientito. – Dove lo devi portare?
     Sara gli lanciò un’occhiataccia che lui finse di ignorare. – Nella tua stanza – rispose acida. – A quanto pare il signor conte non ha ancora fatto il bagno stamattina.
     Giulio fece un sorrisino. Quella ragazza era davvero irritante, ma lo divertiva come nessun altro. A pensarci bene, chi in quella casa avrebbe osato rivolgersi a lui in quel modo? – Io non ho chiesto nulla – fece con aria angelica.
     – Tu no, ma a quanto pare è il tuo valletto a occuparsi della tua igiene personale. Se fossi al posto tuo mi vergognerei. Non sai neppure farti il bagno da solo!
     Sara cercò di strappargli, a sua volta, il secchio dalle mani. Tuttavia, Giulio fu più veloce e cominciò a trasportarlo al piano superiore, ignorando i suoi tentativi di protesta. A un tratto non riuscì a trattenere una risata. – Sono perfettamente in grado di farmi il bagno da solo, ragazzina – rispose, inarcando un sopracciglio. – Ma perché dovrei farlo, visto che ho a disposizione dei domestici pagati per servirmi?
     L’espressione di Sara era talmente infastidita da strappargli un’altra risatina. La osservò di sbieco mentre gli correva dietro su per la scala, gli occhi che lanciavano saette. – Sei davvero un presuntuoso! Pensi di poter comprare tutti con i tuoi soldi e il tuo dannato titolo nobiliare?
     Una volta in cima alla scala, Giulio svoltò a destra. – La mia non è presunzione, ma solo una semplice accettazione dei fatti. È innegabile che la mia posizione sociale mi metta al di sopra degli altri – disse, sogghignando.
     Sara strinse gli occhi fino a farli diventare due fessure. – Ah, sì? Eppure non sei riuscito a comprare me col tuo vile denaro!
     Quelle parole lo fecero fermare di scatto. Posò il secchio per terra, rovesciando dell’acqua sul pavimento, a causa dell’urto. Poi afferrò Sara per un braccio, sospingendola contro la parete del corridoio. – Non ancora – rispose, torreggiando su di lei. – Ma è solo questione di tempo. Ti renderai conto, prima o poi, che ti conviene accettare la mia proposta. O vuoi fare la sguattera per tutta la vita?
     Lei gli sputò in faccia, sorprendendolo. – Non farò la sguattera per tutta la vita, ma non sarò mai la tua mantenuta. Questo puoi scordartelo.
     Lui strinse maggiormente la presa. Erano così vicini che poteva sentire il suo respiro accelerato sul collo. Immediatamente si eccitò. Come diavolo riusciva quella ragazza a farglielo rizzare per così poco? – E come pensi di riuscire a mantenerti? Sei sola, senza un tutore, né la possibilità di fare un buon matrimonio. Nessuno ti prenderebbe a servizio senza delle buone referenze e con quella brutta lingua che ti ritrovi chi ti raccomanderebbe come istitutrice o governante? Sempre ammesso che tu sia in grado di svolgere una qualsiasi di queste mansioni.
     Con suo sommo divertimento la vide impallidire. Cercò di assestargli una ginocchiata nelle parti basse, ma lui riuscì a evitarla, senza distogliere lo sguardo dai suoi occhi bellicosi.
     – Io non resterò per sempre qui – sibilò a un certo punto lei. – Troverò il modo di tornare a casa.
     – Che intendi dire? – La sua risposta lo turbò. – C’è forse qualcuno che ti aspetta a Firenze?
     Non ci aveva mai pensato in realtà, ma se lei avesse avuto un fidanzato o un amante ad attenderla? Forse non era così sola come voleva far credere.
     Tuttavia, Sara ignorò la domanda e cercò di sfuggirgli. Nel timore che qualcuno potesse vederli in quella situazione imbarazzante, lei intrappolata contro il muro e lui con un’erezione piuttosto evidente, Giulio la lasciò andare. Afferrò nuovamente il secchio e le fece segno di aprire la porta della sua stanza per intrufolarsi dentro e posarlo sul pavimento. In un primo tempo Sara esitò, ma poi obbedì senza protestare.
     – Dove vuoi che lo metta? – le chiese, inarcando un sopracciglio.
     Sara lo guardò corrucciata. – A me lo chiedi? L’acqua è per te, non per me.
     Poi lanciò un’occhiata alle sue spalle, inducendolo a voltarsi a sua volta. Dietro di lui Pietro, il suo valletto, li fissava sbalordito. – Dove devo mettere il secchio? – gli domandò, ostentando indifferenza. Non era difficile immaginare cosa stesse pensando Pietro, riguardo al fatto che avesse trasportato lui l’acqua fino alla propria stanza, ma non se ne curò. Lo vide aggrottare la fronte e diventare rosso come un peperone, prima di rispondere con un inchino esagerato. – Avreste dovuto chiamarmi, mio signore. Questo non è un lavoro adatto a vossignoria!
     Pietro guardò Sara in tralice, probabilmente con l’intento di rimproverarla, dopo di che versò il contenuto del secchio nella vasca da bagno, posizionata dietro a un paravento.  In quel momento a Giulio venne un’idea. – Puoi lasciarci soli, ora – fece, rivolto al proprio domestico. – Sarà Sara ad occuparsi della mia rasatura – E dedicandole un sorrisino trionfante, aggiunse a suo beneficio: – In fondo devi renderti utile in qualche modo, visto che finora il lavoro di fatica l’ho fatto io.
     Lei lo fissò di sottecchi, ma non ebbe il coraggio di obiettare. Pietro invece tossicchiò nervoso. – Ma mio signore… – esordì confuso. Giulio non lo lasciò continuare. Gli lanciò uno sguardo ammonitore ed alzò volutamente il tono di voce. – È un ordine, Pietro.  
     Il valletto si arrese all’istante. – Sissignore! – rispose, congedandosi.
     Un attimo dopo era fuori dalla stanza.

* * * * * * * * * *

Sara era decisamente in collera. L’ultima cosa che voleva era farsi umiliare da quel damerino presuntuoso, nonché ladro. E non aveva dubbi sul fatto che il suo intento fosse proprio quello di umiliarla.
     – Cosa vuoi che faccia? – gli domandò, scontrosa. Prima avesse terminato quell’incombenza meglio sarebbe stato per lei. Non intendeva trattenersi in quella stanza più dello stretto necessario.
     Giulio le dedicò un irritante sorriso. – Ci sono parecchie cose che vorrei che tu facessi per me, la maggior parte delle quali prevedono che tu sia nuda in un letto.
     Lei si sentì avvampare all’istante. – Vai a farti fottere!
     – Sì, era proprio quello che avevo in mente.
     Sbuffò. Ancora una battuta del genere e il secchio d’acqua glielo avrebbe rovesciato in testa. – Non mi interessa che cos’hai in mente, razza di pervertito. Sono qui per aiutarti a farti la barba e basta. Se hai delle altre necessità dovrai provvedere da solo.
     Lui ridacchiò. – Non provvedo da solo a questo genere di necessità dall’età di quindici anni.
     Sara decise di ignorarlo. Cominciò a fischiare un motivetto, giocherellando con un ciuffo sfuggito alla treccia, che attorcigliò lungo un dito. Se non recepiva il messaggio, peggio per lui. Non era lei quella che doveva radersi! Il che le fece venire in mente una cosa. – Se fossi in te farei meno lo spiritoso – disse con un ghigno divertito. – Non sono molto pratica di rasatura e potrebbe sfuggirmi involontariamente la mano.
     Si osservò con noncuranza le unghie mentre lui si schiariva la voce. Bene, aveva perso il suo sorriso idiota, a quanto pareva! Quando riportò lo sguardo su di lui, Giulio si era accomodato su una sedia, davanti a un tavolino rotondo su cui era posato tutto il necessario per la rasatura. Con un grugnito le indicò una brocca piena d’acqua e un catino. – Versa l’acqua lì dentro.



     – Chiedilo per favore o non muoverò un dito.
     Un altro grugnito le strappò una risatina. – Per favore, madamigella, sareste così gentile da versare un po’ d’acqua in quel catino?
     Lei lo accontentò. – Visto? Con le buone maniere si ottiene tutto.
     Nel frattempo Giulio si era sfilato gli stivali. Sara lo fissò perplessa. – Perché ti togli gli stivali? È un’usanza nuova quella di radersi a piedi nudi?
     Lui sogghignò. – Ho cambiato idea. Prima penso proprio che mi farò un bel bagno caldo. Non vorrei che l’acqua che ho così faticosamente trasportato andasse sprecata.
     Sara deglutì. Dopo gli stivali, Giulio si tolse le calze e si alzò in piedi, cominciando a sbottonarsi la giacca di velluto color prugna, che lasciò ricadere sul pavimento. Lanciandole uno sguardo obliquo, proseguì aprendo uno a uno i bottoni della camicia bianca di lino.
     – Ehi, questo è sleale! – protestò Sara, mettendo il broncio. Giulio era uno spettacolo vestito, non osava immaginarselo completamente nudo!
     Lui fece uno sguardo innocente che non la incantò neppure per un attimo. – Che c’è? Non hai mai visto un uomo senza vestiti?
     Beh, aveva visto Mario ovviamente. Ma lui non reggeva certo il confronto con il corpo muscoloso e senza un filo di grasso di Giulio. Era sicura che avesse anche la mitica tartaruga!
     Sara, adesso non sbavare!
     Inspirò sonoramente, nel tentativo di mantenere un briciolo di autocontrollo. – Certo che sì – gli rispose con il viso in fiamme. – Mi hai presa per una sprovveduta?
     Si accorse che Giulio si era fermato di scatto e la fissava in cagnesco. Cosa gli era preso? In fondo era stato lui a cominciare quel gioco. Un attimo dopo la sua camicia giacque abbandonata accanto alla giacca. Il respiro di Sara si fece più affannoso. Non si sbagliava: Dio mio, la tartaruga l’aveva davvero! Quello era il fisico più perfetto che avesse mai ammirato. Sforzandosi di non andare in iperventilazione, si finse concentrata sul materiale per la rasatura: un panno caldo e un rasoio affilatissimo. Lo prese in mano, osservandolo con aperta curiosità. – Ehi, questa è una vera e propria arma!
     Giulio annuì, cominciando a sbottonarsi i calzoni. – È un rasoio à rabot. Non a caso lo chiamano “taglia gola”.
     Sara lo ripose immediatamente. Non era più tanto sicura di essere la persona adatta a quel lavoro. Il suo sguardo venne calamitato dalla patta dei calzoni di Giulio che si apriva quel tanto che bastava per lasciarle intravedere il sesso eretto. Avrebbe voluto voltarsi e distogliere lo sguardo, ma era come ancorata al pavimento. Nel momento in cui lui fece per calarsi le braghe sentì la propria voce gracchiante protestare: – Fermati! – Il suo viso era viola per l’imbarazzo e il cuore sembrava che volesse balzarle fuori dal petto. – Ci ho ripensato – disse in fretta, coprendosi il volto con le mani. – Non credo di riuscire a farlo. Non vuoi che ti tagli la gola per sbaglio, vero? Forse è meglio che tu ti rivolga al tuo valletto.
     E senza attendere risposta si lanciò verso la porta e l’aprì, fuggendo via come un fulmine. Alle proprie spalle udì la risata di Giulio, ma si costrinse a ignorarla.

* * * * * * * * * *

Giulio non riusciva a smettere di ridere. Sara era scappata come se avesse avuto il diavolo alle calcagna, il volto pallido come un cencio. Non si era mai divertito tanto in vita sua! C’era stato un unico momento in cui si era sentito invadere dalla rabbia. Un’ira cieca e terribile che lo aveva indotto a desiderare la morte di qualcuno, precisamente quella dell’uomo che si era lasciato vedere nudo da Sara. Perché, a sentire lei, ce n’era stato almeno uno.
     Portandosi una mano ai capelli, li scompigliò nervoso. Ma esisteva davvero un uomo nella vita di Sara? Quella ragazza era talmente enigmatica! Non aveva provato imbarazzo alcuno sulla spiaggia, quando gli aveva preso il sesso in mano. Eppure era fuggita subito dopo, senza riuscire a guardarlo nemmeno in faccia, come colta da un’improvvisa pudicizia.
     E quando lui si era introdotto in camera sua, spogliandola per darle piacere, non si era negata alle sue carezze. Una fanciulla casta non gli avrebbe certo permesso simili libertà, ma quando le aveva proposto di diventare la sua amante era andata su tutte le furie.
     Come se non bastasse, poco prima l’aveva guardato con un bruciante desiderio in quegli occhi incredibilmente belli. Non si era sbagliato. Lei voleva vederlo nudo. Ma allora perché era scappata via di corsa? E se era vero che la nudità maschile non nutriva alcun segreto per lei, per quale motivo sembrava così terrorizzata? Era come se in lei convivessero due opposti: castità e lussuria, purezza e perversione, candore e spregiudicatezza. Ed erano proprio quegli opposti a farlo impazzire.
     Chi era realmente Sara Ferrari? Una creatura angelica o il demonio? Una vergine o una cortigiana? Qualunque fosse la risposta, lui ne era irrimediabilmente invaghito.
     Si ritrovò col sesso in mano, duro e gonfio, e imprecò. Gli era passata la voglia di farsi un bagno o di radersi. Tutto ciò che desiderava era il corpo caldo di Sara contro il proprio; voleva sentire le labbra morbide di lei muoversi contro le sue e quelle mani affusolate accarezzarlo ovunque.
     Stava per diventare pazzo. Sul serio.