sabato 29 ottobre 2016

OLTRE I CONFINI DEL TEMPO - QUATTORDICESIMA PUNTATA

CAPITOLO 14


S
ara stava correndo dietro a Giulio, senza riuscire a raggiungerlo. Il cuore le batteva furioso nel petto e le ginocchia rischiavano di cederle da un momento all’altro: era stremata. A un tratto lui si fermò, voltandosi verso di lei con un sorriso seducente. Le tese una mano, negli occhi uno sguardo ricolmo d’amore. Sara si protese verso di lui per afferrarla, ma si sentiva inchiodata al suolo. Non riusciva a muoversi. Poi il viso di Giulio si trasformò e lei si ritrovò a fissare gli occhi stupiti di Mario, che sembravano trafiggerle l’anima.
     Si svegliò in un bagno di sudore. Il respiro era affannoso mentre si sforzava di ricordare cosa l’avesse gettata in quello stato di ansia.
     Uno stupido sogno.
     Da quando aveva visto Mario, fuori dalla sartoria, le succedeva ogni notte. Forse era il proprio subconscio che le lanciava dei segnali? Non era più riuscita a incontrarlo, nonostante avesse girato le vie di Taranto in lungo e in largo nei giorni precedenti. Era arrivata persino a chiedersi se vederlo non fosse stato in realtà solo il frutto della sua immaginazione.
     Sospirò, mettendosi a sedere sul letto disfatto, la mente ancora in subbuglio a causa del sogno. In quel mentre qualcuno bussò e una Gina trafelata entrò nella stanza, trasportando biancheria pulita.
     – Siete ancora a letto? – le chiese, corrugando la fronte. – E io che pensavo di trovarvi a camminare su e giù come un’anima in pena, agitata come tutte le spose.
     Gina accompagnò la frase con un sorrisino furbetto, il che le ricordò immediatamente che quello era il giorno del suo matrimonio e lei se ne stava lì a pensare a Mario e a un modo per rintracciarlo.
     Non era un buon segno.
     Si buttò giù dal letto all’istante. – Devo fare un bagno. Non posso presentarmi alla cerimonia in questo stato – Come a ribadire il concetto, indicò la propria camicia da notte fradicia di sudore.
     Gina ridacchiò. – Ma certo. Ho già provveduto a riempirvi la vasca. Volete che vi aiuti a insaponarvi la schiena?
     Sarà schizzò dietro il paravento. – No, grazie. Faccio da sola.
     Non era più una bambina e non le importava se gli aristocratici del tempo fossero abituati a non muovere un dito senza l’aiuto dei domestici. Lei era stata educata diversamente.
     Si immerse nell’acqua calda, chiudendo gli occhi con un sospiro di piacere che le riscaldò il cuore. Non c’era nulla di più rilassante di un buon bagno, specie in quell’epoca in cui lavarsi quotidianamente era un lusso che in pochi potevano permettersi. Afferrò la saponetta al profumo di rosa, che era stata lasciata al bordo della vasca, e prese a insaponarsi con forza, lavando via la stanchezza, oltre allo sporco.
     Si era tirata su i capelli in uno chignon alto e ora fischiettava allegramente, sguazzando nell’acqua come una principessa. Il pensiero delle nozze imminenti si insinuò nei suoi pensieri, procurandole dei crampi allo stomaco, ma lo scacciò all’istante concentrandosi su altre cose.
     – Il mio vestito da sposa è stato consegnato?
     – Naturalmente. La contessa avrebbe fatto chiudere il negozio della sarta, altrimenti.
     Sara fece una smorfia mentre si insaponava una gamba. – Non ne sono sicura. Scommetto che ci avrebbe goduto un mondo se io fossi stata costretta a rinunciare al mio abito.
     La voce di Gina arrivò da dietro il paravento, squillante come sempre. – Oh, non dite così! La contessa ha il terrore di sfigurare coi suoi invitati, credetemi.
     Quando Sara uscì dalla vasca, Gina si materializzò al suo fianco per porgerle un telo per asciugarsi. – Cos’hai un radar dietro alla schiena?
     La domestica sgranò gli occhi. – Cosa avete detto?
     – Nulla, non ci badare – scosse la testa, rassegnata, lanciando un’occhiata all’abito che era stato posato sul letto. Era bellissimo. Si chiese se Giulio lo avrebbe apprezzato e quel pensiero le procurò un fremito lungo la schiena. – Pensi che gli piacerò?
     Gina sollevò su di lei uno sguardo rassicurante. – Resterà senza parole, vedrete.

* * * * * * * * * *

Giulio si risistemò il fazzoletto da collo per la terza volta negli ultimi cinque minuti. La chiesa in cui avevano deciso di sposarsi era dannatamente affollata. Aveva sperato in una cerimonia semplice, senza troppi invitati, dato lo scarso preavviso. Invece sembrava che l’intera Taranto si fosse radunata lì, in quel giorno di festa, per sbirciare l’ottavo conte di Nardò che si infilava il suo bel cappio al collo.
     Tossicchiò. Non avrebbe voluto metterla in quei termini. In realtà era impaziente di sposare Sara. Molto impaziente. Il cuore gli batteva nelle costole come se avesse corso per intere miglia, senza fermarsi a prendere fiato. E sentiva un groppo in gola che gli impediva di respirare.
     Tutto ciò aveva l’aria di una tortura, ma non era così.
     Quello era veramente il giorno più felice della sua vita. Solo che avrebbe voluto saltare la cerimonia e arrivare direttamente alla prima notte di nozze.
     Ma non era concesso, non è vero?
     Avrebbe dovuto sopportare ogni cosa stoicamente, nell’attesa del momento in cui avrebbe potuto avere Sara fra le braccia.
     Si irrigidì, tornando a strattonare il fazzoletto da collo, a suo parere troppo stretto. A proposito di Sara… dov’era? Perché non era ancora apparsa? Si augurò che non avesse il cattivo gusto di abbandonarlo davanti all’altare, di fronte a quella folla di curiosi.
     Con lei non si poteva mai dire.
     Poi la marcia nuziale cominciò a suonare e la sposa fece il suo ingresso trionfale, vestita in un semplice abito a vita alta, color crema, con pochissimi fronzoli.
     Era bella da togliere il fiato.
     Portava i capelli acconciati sopra alla nuca, con alcuni boccoli che le scendevano disordinati ai lati del viso, conferendole un’aria civettuola ed elegante allo stesso tempo.
     Non aveva mai visto una sposa più incantevole.
     Si voltò verso di lei mentre avanzava lungo la navata centrale, il petto gonfio di qualcosa di maledettamente simile a un moto d’orgoglio.
     Quella donna stupenda era sua.
     Sua per sempre.



Quando Giulio le prese la mano, Sara si rese subito conto di avere le dita gelide, a contatto con la stretta di lui, ferma, forte e calda. All’improvviso fu terribilmente consapevole della sua vicinanza: le gambe lunghe e slanciate, le spalle larghe, i muscoli delle braccia che trasparivano dalla giacca dal taglio perfetto. Per ultimo, ma non meno importante, si sentì invadere le narici dalla sua acqua di colonia.
     Deliziosa.
     Cercò di ignorare il battito accelerato del proprio cuore e si concentrò sulla cerimonia.
     Il tempo trascorse alla velocità della luce, quasi senza che se ne rendesse conto. Ebbe la sensazione di vivere in un sogno e di assistere a quello che accadeva dall’esterno, come se non fosse lei la sposa vestita di bianco, davanti all’altare. Quando il sacerdote chiese se qualcuno conoscesse un ostacolo al matrimonio, quasi temette di vedere apparire Mario dal nulla, pronto a gridare a tutti che lei non apparteneva a quell’epoca e pertanto non poteva sposare il conte di Nardò.
     Ma Mario non si fece vedere e, dopo una breve pausa, la cerimonia riprese fino alla sua inevitabile conclusione.
     Adesso era la moglie di Giulio. Gli apparteneva anima e corpo.
     Sollevò uno sguardo allarmato su di lui mentre le infilava la fede all’anulare sinistro. Com’era possibile che avesse sposato quell’uomo? Era troppo giovane per il matrimonio. Non aveva ancora fatto le esperienze più importanti della sua vita: l’università, i viaggi, la sua prima volta… cazzo, non aveva ancora perso la verginità! Cosa sarebbe accaduto se infine non le fosse piaciuto?
     Eppure aveva appena giurato di amare Giulio e onorarlo per il resto dei suoi giorni. E lui aveva fatto lo stesso.
     Si era mai reso conto di quanto poco sapesse di lei? Cosa avrebbe pensato se un giorno gli avesse rivelato la verità sul suo viaggio nel tempo?
     Quando l’anello scivolò sul suo dito, lui le sorrise.
     Lei non riuscì a farlo. Era troppo nervosa e confusa.
     Infine gli eventi si susseguirono in un lampo. Firmarono i documenti e poi percorsero insieme la navata, fino all’uscita. Giulio dispensò sorrisi a tutti e qualche stretta di mano, mentre lei rimase in un rigido silenzio, frastornata da tutte quelle voci e le felicitazioni.
     L’unica cosa che notò, quando furono fuori dalla chiesa, fu che il sole splendeva, alto nel cielo senza nuvole di quella giornata di fine primavera. Il vento portava con sé l’odore salmastro del mare che cominciava a esserle ormai familiare. Un giorno avrebbe scordato la sua città, così come la ricordava? Il Ponte Vecchio, gli Uffizi e Piazza della Signoria. E ancora la sua scuola, il bar dove si ritrovava con le sue amiche e i giardini sotto casa, dove andavano a giocare a pallavolo o a parlare di ragazzi.
     Tutto questo apparteneva al passato ormai.
     Giulio le strinse la mano come per farle coraggio e salirono sulla carrozza in attesa sul sagrato della chiesa. Ignorarono le persone che li fissavano incuriosite, mentre facevano ritorno alla dimora dei conti di Nardò.
     Le campane della chiesa risuonarono festose alle loro spalle.
     Sara sorrise malinconica e chiuse gli occhi. Avevano davanti ancora un’intera giornata di festeggiamenti e quello era solo l’inizio.

* * * * * * * * * *

– Ecco, queste saranno le tue stanze – fece Giulio al termine dei bagordi, quando salirono ai piani superiori, lasciandosi alle spalle le risate chiassose degli invitati. – La tua cameriera ti sta aspettando per aiutarti a svestirti.
     Lei lo fissò perplessa. – Le mie stanze? Credevo che avremmo dormito nella stessa camera, ora che siamo sposati.
     Giulio le sorrise e i suoi denti bianchi scintillarono nell’oscurità. – Ti raggiungerò più tardi. Queste sono le usanze.
     A Sara parvero delle usanze piuttosto sciocche. Avrebbe preferito spogliarsi insieme a lui e condividere quel momento di intimità, ora che avevano la possibilità di restare soli. Tutto ciò la metteva a disagio.
     Sospirò, entrando nella stanza che le era stata assegnata e che comunicava con quella di Giulio. All’interno Gina pareva indaffarata come al solito e, quando la vide, le rivolse un sorriso sincero.
     Sara esitò. Poi suo marito sì chinò sulla sua mano, portandosela alle labbra. – A più tardi – le sussurrò, strizzandole l’occhio. – Non ci mettere troppo.
     Quindi si voltò, dileguandosi nella camera adiacente.
     Sara lasciò che Gina l’aiutasse a togliersi l’abito da sposa, per infilare una camicia da notte che era stata lasciata sul letto per lei. Si trattava di un capo elegante, in seta color azzurro ghiaccio, con  il corpino in pizzo. Il tessuto era talmente impalpabile da non lasciare nulla all’immaginazione, se guardato controluce. Per non parlare della profonda scollatura che le lasciava i seni quasi interamente scoperti.
     Ma in fondo era la sua prima notte di nozze.
     Deglutì, tornando a fissare il letto. Era un enorme letto a baldacchino, preparato con cura per la notte. Sara si chiese cosa ci si aspettasse da lei. Doveva infilarsi fra le lenzuola e attendere l’arrivo di Giulio? Scacciò l’idea immediatamente. Si sedette invece davanti al tavolo da toeletta, sciogliendo le forcine fra i capelli e lasciando che le sue folte chiome le ricadessero sulle spalle, in riccioli scomposti.
     Gina si offrì di spazzolarli e lei si affidò fiduciosa alle sue cure.
     Era passata all’incirca una mezz’ora quando sentì bussare alla porta e lui entrò. Indossava una veste da camera color prugna che lo ricopriva fino alle caviglie e il suo sguardo era intenso, predatore. Ordinò a Gina di congedarsi e lei uscì, richiudendo la porta alle sue spalle con discrezione.
     Sara si sentiva la gola secca.
     – Sei bellissima – Giulio, avanzò verso di lei lentamente. – Non hai idea di quanto attendessi con ansia questo momento.
     Lei arrossì, alzandosi in piedi. Detestava sentirsi così a disagio, eppure non riusciva a evitarlo. – Tu invece sei buffo con quella vestaglia. Avrei preferito spogliarti io, prendere confidenza col tuo corpo… è snervante tutto questo.
     Giulio si schiarì la voce e le accarezzò una guancia col dorso della mano. – Avremo tutto il tempo per fare queste cose. Una vita intera, in verità.
     – Quindi non sarà sempre così?
     – Così come?
     Le labbra di lui si posarono lievi sul suo collo. Si era rasato. Sara riusciva a sentire il profumo del suo sapone da barba e dell’acqua di colonia. Era un aroma così maschio e afrodisiaco che le diede immediatamente alla testa.



     Barcollò, ma lui la prese fra le braccia, stringendola contro il suo petto solido e muscoloso. Immediatamente si dimenticò della domanda. Chiuse gli occhi, inalando il suo odore a pieni polmoni.
     Sensazioni incredibilmente piacevoli si risvegliarono dentro di lei mentre Giulio le sfiorava le labbra con le proprie, inducendola a dischiuderle per accogliere la sua lingua esigente. Ebbe la sensazione di andare a fuoco. Un crudo e selvaggio desiderio sessuale si fece strada dentro di lei. Con un sospiro gli afferrò i lembi della vestaglia, per attirarlo maggiormente verso di sé.
     Lui si scostò appena per guardarla dritta negli occhi. Pareva divorato dalla stessa bruciante passione. – Vogliamo spostarci sul letto, ora?
     La sua voce era bassa e roca, puro velluto per le sue orecchie.
     Sara deglutì. – Certo.
     Si sedettero entrambi sul materasso, l’uno di fianco all’altro. Lui la fissò intensamente per qualche istante, poi le accarezzò il labbro inferiore con il pollice. Senza esitazione, Sara lo prese in bocca, succhiandolo e strappandogli un gemito.
     – Dio mio, Sara… – Giulio lasciò la frase a metà, lasciando scorrere le dita lungo il mento e il collo e poi più in basso, fino a insinuarle all’interno della camicia da notte. Le abbassò la spallina, denudandole un seno. Poi, con la mano libera, le scoprì anche l’altro. Quell’indumento impalpabile le scivolò sul corpo come una carezza leggera, provocandole un brivido.
     Sara percepì lo sguardo bruciante di Giulio su di sé e si morse il labbro. Non era la prima volta che la vedeva senza niente addosso, eppure… ora sembrava tutto diverso. Ora era suo marito. A sua volta, allungò una mano tremante verso la cintura della sua vestaglia e la sciolse.
     Sotto, era completamente nudo.
     Sara strinse il labbro fra i denti con più forza, quasi fino a farlo sanguinare.
     Intanto Giulio continuava a fissarla. Scorse un lampo di divertimento nei suoi occhi mentre la invitava a procedere, abbassando le braccia lungo i fianchi. Sara gli sfilò la vestaglia di dosso, lasciandogliela ricadere giù dalle ampie spalle.
     Aveva già intravisto il suo corpo nudo, quella volta che aveva improvvisato quello spogliarello per provocarla. Tuttavia, adesso aveva tutto il tempo per lasciar scorrere lo sguardo su di lui, studiandone ogni muscolo.
     Il suo fisico era perfetto.
     Aveva un corpo abbronzato che pareva una scultura greca. Il David di Michelangelo sbiadiva al suo confronto, anche perché Giulio non era fatto di marmo. Era vivo e caldo. Accarezzò il suo torace muscoloso, velato da una leggera peluria scura, memorizzando ogni centimetro di pelle. Poteva percepirne il calore attraverso i polpastrelli.
     Sara trattenne il fiato.
     Il petto di Giulio si alzava e abbassava al ritmo del respiro. Era quasi un movimento ipnotico.
     A un tratto sentì la sua rauca risata e trasalì. – Spero che ti piaccia ciò che vedi – mormorò lui, senza staccare gli occhi dai suoi.
     – Tu che ne dici? – Sara continuò la sua esplorazione. Giulio aveva i fianchi stretti, gambe forti e cosce potenti e muscolose. Sarebbe stato l’invidia di tutti i palestrati della sua epoca.
     – Dico che abbiamo giocato anche troppo. Adesso è il momento di fare sul serio.
     Sorprendendola, lui la sospinse sul materasso, coprendola col proprio corpo eccitato. La baciò a bocca aperta, quasi divorandola, finché lei non sentì dentro di sé una tensione tremenda, all’altezza del basso ventre.
     Si agitò sotto di lui, sfregandosi contro il suo corpo. Pelle contro pelle. All’improvviso non si sentiva più a disagio o in imbarazzo. Provava un bisogno così intenso che non avrebbe neppure saputo spiegare.
     Poi le labbra di Giulio scesero lungo il suo collo, fino a posarsi sull’avvallamento fra i seni. Sara si sentiva davvero in fiamme, al punto che non riusciva a pensare coerentemente. Percepì la lingua di lui intorno ai capezzoli, una scia umida che si muoveva in cerchio, facendola impazzire.
     Oh, mio Dio!
     Infine quelle labbra andarono a posarsi dove lei voleva, prendendole un capezzolo in bocca e succhiandolo avidamente. Sara non riuscì a trattenere un grido. Lo sentì stuzzicarlo coi denti, per poi passare all’altro seno.
     Se avesse continuato così, era sicura che sarebbe venuta all’istante, prima ancora che la toccasse fra le gambe.
     Quel pensiero le fece venire in mente un piccolo dettaglio. – Aspetta – mormorò, col fiato corto. – Devo dirti una cosa.
     Lui la ignorò. Le aprì le cosce, infilandole un dito all’interno della vagina. I suoi muscoli interni si contrassero, strappandole un sospiro. Si rese conto di essere bagnata. Decisamente bagnata.
     Poi Giulio si posizionò fra le sue cosce, pronto a penetrarla.
     Non poteva più aspettare. Doveva dirglielo. – Aspetta, ti prego. È importante.
     Finalmente lui sollevò lo sguardo. Pareva che si stesse trattenendo a fatica, il respiro era irregolare e gli occhi sembravano emettere bagliori dorati. – Devi dirmela proprio adesso questa cosa importante?
     Lei annuì. – Questa è la prima volta per me.
     Ecco fatto. Si era tolta il dente. Trattenne il respiro, in attesa della sua reazione. Lui corrugò semplicemente la fronte. – Cosa?
     Sara alzò gli occhi al cielo. – Sono ancora vergine, è più chiaro così?
     Lo sentì rilasciare il fiato all’improvviso, mentre il suo corpo si tendeva all’istante. Per un attimo il silenzio invase la stanza. Sara riusciva a percepire soltanto il battito furioso dei loro cuori.
     Infine Giulio parve tornare in sé. – Beh, si presuppone che ogni sposa lo sia – rispose, inarcando un sopracciglio.
     Lei sbatté le palpebre più volte. – Questo significa che non ti importa?
     – Certo che mi importa! – Giulio sbuffò, tenendosi in equilibrio sulle braccia. – Voglio dire, sono decisamente sollevato.
     Sara sorrise. – Bene. Temevo che la cosa non ti sarebbe piaciuta.
     Giulio assunse un’espressione talmente buffa da risultare comica. Spalancò gli occhi e aprì e richiuse la bocca più volte. – Temevi che non mi sarebbe piaciuto? E per quale motivo?
     – Beh, i ragazzi preferiscono le tipe con un po’ di esperienza. È risaputo. Nella mia classe alcune ragazze sono andate a letto col primo con cui sono uscite, solo per perdere la verginità. Io sono l’unica a non averlo fatto.
     Lo sguardo di Giulio si fece ancora più sbigottito. – Sara, se avessi voluto una donna con più esperienza non avrei preso moglie, mi sarei recato in un bordello.
     A quel punto fu lei a mostrarsi sorpresa. Poi a un tratto ricordò dove si trovava e con chi. Che idiota! Per un attimo aveva scordato di trovarsi nel diciannovesimo secolo, in mezzo a uomini retrogradi e maschilisti.
     Si morse la lingua. – Già. Non ci avevo pensato.
     – Possiamo procedere ora? – Giulio la sovrastava. Era grosso e pesante su di lei, eppure non lo trovava spiacevole. Tutt’altro.
     – Certo – rispose  in un bisbiglio. Sollevò le gambe, intrecciandole intorno ai suoi fianchi. Sentì le mani di lui che la sollevavano e poi una leggera pressione proprio lì, dove si trovava la sua apertura. Giulio si sforzò di entrare lentamente, cercando di provocarle il minimo disagio.
     – Ti farà un po’ male – le disse, stringendo i denti. A guardarlo sembrava lui a provare dolore.
     Sara trattenne il fiato. Non era troppo fastidioso, sentiva solo un vago bruciore. In realtà era così bagnata che il suo pene le era scivolato dentro facilmente. Solo quando il proprio imene si lacerò, permettendogli di penetrarla fino in fondo, sentì una fitta che le tolse il fiato. Ma lui si immobilizzò immediatamente, coprendola di baci ovunque: sul naso, sulle tempie e alla base del collo. Era molto tenero.
     – Non preoccuparti. È tutto a posto – Si era sentita in dovere di tranquillizzarlo. Sembrava così in ansia! Per un attimo le venne in mente che Mario non era mai stato così premuroso con lei, ma scacciò subito quell’idea.
     Non voleva pensare a Mario mentre faceva l’amore con suo marito.
     – Sicura? – Giulio la studiò concentrato e perfettamente immobile. Lo sentiva dentro di sé, riempirla completamente.
     Annuì. – Sicurissima – e nel dire ciò, serrò le gambe con più decisione intorno ai suoi fianchi, cercando di rilassarsi.
     Poi lui cominciò a muoversi. I propri muscoli interni presero a contrarsi a ogni spinta, aumentando in lei un bisogno che neppure sapeva di poter provare. Era una dolce agonia. Un puro e semplice piacere carnale che esplose dentro di lei, sempre più forte.
     Inspirò, rilasciando il fiato con un potente sospiro. Ogni spinta sembrava sempre più forte e profonda della precedente e lei si ritrovò a gemere, inarcando i fianchi allo stesso ritmo.
     Adesso fu lui a inspirare all’improvviso.
     Cominciò a muoversi più veloce, sussurrandole parole incomprensibili all’orecchio. Il piacere era talmente intenso che Sara si ritrovò a desiderare che non finisse, che lui restasse sempre dentro di lei, scivolando sempre più a fondo.
     Gettò la testa all’indietro mentre ondate di piacere si propagavano nel suo interno, togliendole il respiro. L’orgasmo esplose all’improvviso, facendola tremare, finché si ritrovò a urlare il nome di Giulio, mentre gli arpionava la schiena con le unghie.
     Lui si immobilizzò un istante, dopo di che riprese a muoversi con un ritmo più serrato, finché non lo sentì tremare a sua volta, il respiro ansante e il sudore che gli imperlava la fronte.
     Qualcosa di caldo e umido si riversò dentro di lei e a quel punto Sara si irrigidì.
     – Mi sei venuto dentro? – gracchiò, sollevando uno sguardo allarmato su di lui.
     Giulio ricadde su un fianco, continuando ad ansimare come un mantice. – Come? Cosa hai detto?
     – Ho detto che mi sei venuto dentro! Sei impazzito? Cavolo, potresti avermi messo incinta!
     Lui l’attirò a sé, cullandola fra le braccia, mentre una risata roca gli scuoteva le spalle. – Uhm… vedo che sei informata a riguardo. Sì, in effetti è così che si fanno i bambini. Qual è il problema?
     Sara boccheggiò, alla ricerca di un po’ d’aria. – Qual è il problema? Ho appena diciotto anni! Non voglio avere un figlio adesso.
     Giulio la ignorò e chiuse gli occhi.
     Non avrebbe osato addormentarsi, vero? Dovevano affrontare insieme la cosa, vagliare le possibilità, cercare una soluzione…
     – Sarai una madre meravigliosa, Sara – le disse, lasciandosi sfuggire uno sbadiglio. – E adesso dormi.
     Infine si addormentò.

giovedì 27 ottobre 2016

RACCONTI PER SOGNARE CUORI PER DONARE

Carissimi lettori,
vi informo che l'antologia a sostegno delle persone colpite dal sisma è finalmente online.

La Terra ha tremato, ma noi siamo ben piantati a terra e vi chiediamo sostegno, solidarietà e un pensiero. 
Abbiamo chiesto a numerosi scrittori un racconto in regalo, per creare un'antologia che mettiamo in vendita. Tutto il ricavato sarà devoluto alle popolazioni colpite dal sisma. Il pensiero e il denaro arriveranno dove devono e sappiamo che, in ogni caso, ci sarà un pezzo di cuore di ciascuno di noi assieme ai fondi necessari a ripartire. Ripartire è l’obiettivo principale, senza una mano tesa nessuno può sperare di riuscire in qualcosa. Noi siamo qui per questo. Anche voi.

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domenica 2 ottobre 2016

OLTRE I CONFINI DEL TEMPO - TREDICESIMA PUNTATA

CAPITOLO 13


S
ara fu svegliata all’alba da un’agitatissima Gina, che correva per la stanza come un fulmine, trasportando abiti, corsetti e sottogonne da farle indossare. Pareva indemoniata, il che la fece ridacchiare sottovoce.
     Si sollevò su un gomito, sull’enorme letto a baldacchino. – Che diavolo ti prende?
     Gina sospirò, alla disperata ricerca di qualcosa. – Dobbiamo sbrigarci. La signora contessa vi aspetta in salone fra non più di venti minuti!
     La prima cosa che notò fu il fatto che la sua amica fosse tornata a rivolgersi a lei dandole del “voi”. – Non si era deciso di darci del “tu”? – chiese, aggrottando la fronte e balzando giù dal letto con un salto. L’elegante e morbido tappeto ai suoi piedi attutì la discesa, donandole una sensazione di confortante calore.
     Gina tirò fuori dall’armadio un cappellino da passeggio e tornò a fissarla sconcertata. – Oh, ma la situazione è cambiata! Non posso rivolgermi in tono tanto informale alla futura contessa.
     – Neppure se te lo chiedo io?
     Lei non si lasciò sviare e proseguì la sua ricerca, fintanto che non ebbe trovato il paio di stivaletti che evidentemente desiderava farle indossare. A Sara pareva davvero buffo lasciarsi vestire come una bambola. Era abituata a scegliere lei stessa cosa indossare e cosa no. Alzando gli occhi al cielo, si tolse la camicia da notte e la gettò sul letto, lo sguardo leggermente accigliato. Gina fu subito accanto a lei per aiutarla a indossare la biancheria intima: corsetto, sottogonne… avrebbe dato qualsiasi cosa per un paio di slip e un reggiseno della Wonderbra!
     Alla fine venne abbigliata con un vestito a vita alta dalla scollatura generosa e per ovviare all’inconveniente le fu appuntato un piccolo scialle di seta sulle spalle. L’abito era color rosa pallido, con polsini di pizzo bianco. Così conciata sembrava davvero una bambola!
     Per non parlare del cappellino in tono con l’abito, che le fu adagiato sul capo. I capelli invece le furono pettinati in un rigido chignon, da cui spuntavano alcuni ciuffi debitamente arricciati col ferro caldo.
     Era ridicola.
     – Ancora non mi hai spiegato perché la contessa mi sta aspettando – Si sistemò con un gesto impaziente il cappellino che le pendeva da un lato e sbuffò. Gina le stava porgendo un ombrellino da passeggio che la fece rabbrividire.
     No, l’ombrellino no!
     – Allora? Vuoi rispondermi?
     – Non lo ricordate? Stamattina vi accompagnerà dalla sarta. Non siete emozionata all’idea di farvi confezionare un abito da sposa?
     Sara si rabbuiò. Se ne era totalmente dimenticata! E l’idea di andare in giro a braccetto con la futura suocera non la solleticava affatto, tanto più per scegliere il proprio abito da sposa. Aveva sempre pensato che, quando fosse giunto il giorno delle sue nozze, sarebbe stata sua madre ad accompagnarla a fare compere, non certo quell’arpia. Ma doveva fare buon viso a cattiva sorte, se non altro per compiacere Giulio.
     – E va bene – rispose con un sospiro. – Andiamo incontro al patibolo!

* * * * * * * * * *

La bottega della sarta si trovava nel centro della città, a poca distanza da un enorme palazzo signorile che la contessa le indicò come la dimora dei Galeota. A Sara sembrò di averlo già visto nella sua epoca, quando aveva girato per le vie di Taranto con la sua classe. Se non sbagliava, la Baldini aveva affermato che all’interno ospitava il museo etnografico “Alfredo Majorano”. Faceva uno strano effetto rendersi conto che in quel momento era abitato, proprio come la residenza dei conti Nardò.
     Con aria rassegnata si lasciò condurre attraverso le vie non asfaltate, fino a un elegante negozio che dava su una delle strade principali. Appesi a dei manichini di legno, esposti nella grande vetrina della sartoria, vi erano un paio di vestiti simili a quello che era stata costretta a indossare. Si augurò che i modelli degli abiti da sposa fossero di gran lunga migliori. Se proprio doveva indossarne uno, preferiva che fosse un capo elegante e raffinato.
     Un campanello collegato alla porta suonò al loro ingresso, facendola sobbalzare. Era decisamente tesa. La contessa le lanciò uno sguardo di disapprovazione, prima di salutare con un cenno del capo la commessa che era accorsa per servirle e che si stava prodigando in un inchino.
     – Buongiorno signora contessa, in cosa possiamo esservi utili?
     Lei sorrise indulgente, la mano destra serrata sul ventaglio che si portava sempre dietro come antidoto alla calura di inizio estate. Sara avrebbe scommesso che si sarebbe volentieri mangiata la lingua piuttosto che ammettere che erano lì per scegliere il suo abito da sposa. La osservò in tralice, trattenendo un sorrisino.
     – La fanciulla che mi accompagna ha urgente bisogno di un corredo per le sue imminenti nozze con mio figlio. E naturalmente dobbiamo scegliere un abito da sposa.
     La commessa si voltò a esaminarla da capo a piedi, sul volto un’espressione sorpresa. – Oh, congratulazioni, signorina! – esclamò con un sorriso gioviale. – A quando le nozze?
     Sara arrossì. Non le era mai piaciuto sentirsi al centro dell’attenzione. – Ehm, la prossima settimana, se riusciremo a ottenere una licenza speciale.
     La ragazza sgranò gli occhi e impallidì. – Oh, cielo! Non c’è tempo a sufficienza per confezionarvi un abito alla moda!
     Lei scrollò le spalle. – Non importa. Sarà una cerimonia semplice e non ho bisogno di qualcosa di elaborato – lanciò un’occhiata distratta ai manichini esposti nel negozio, mentre sentiva gli occhi della commessa indugiare su di lei, sempre più curiosi. Qualcosa le diceva che affrettare le nozze in quel modo non era considerato assai lusinghiero a quei tempi. Le parve di leggere un moto di disapprovazione negli sguardi delle altre clienti che avevano ascoltato i loro discorsi. La contessa invece aveva un sorrisino soddisfatto stampato su quella sua faccia da iena.
     Sara raddrizzò la schiena e imitò un’andatura regale, simile a quella delle gentildonne che aveva avuto modo di osservare dal giorno del suo arrivo a Taranto. Si avvicinò a uno dei modelli esposti, un abito color crema di fattura piuttosto semplice, ma a suo parere elegante e di gran fascino. – Ecco, mi piacerebbe qualcosa di simile – lo indicò, voltandosi appena in direzione della commessa.
     Lei corrugò la fronte. – Non desiderate qualcosa di più colorato che dia un po’ di luce al vostro incarnato? Abbiamo diversi modelli sui toni del verde o dell’azzurro.
     – Ho sempre sognato di sposarmi in bianco, l’abito color crema andrà più che bene.
     La contessa si schiarì la voce, indubbiamente contrariata. C’era qualcosa in quel che faceva che andasse a genio a quella donna? Le lanciò uno sguardo perplesso che lei ricambiò con sdegno. – Il bianco o il crema non si adatta per niente alla tua carnagione, Sara. Accetta i consigli di chi ha più esperienza di te.
     Ah, no. Questo è troppo!
     I suoi occhi si ridussero a due fessure, ricolme di indignazione. – Non ho chiesto se mi sta bene. Voglio l’abito crema.
     Il volto della futura suocera si tinse di rosso fino alla radice dei capelli. Sara ebbe l’impressione di vederle gli occhi schizzare fuori dalle orbite mentre replicava, gelida: – Come osi, piccola intrigante? Non ho intenzione di permettere che tu faccia sfigurare mio figlio e la nostra famiglia, il giorno delle nozze. Indosserai un abito degno dei Nardò.
     Quella donna era pazza. Sara aggrottò la fronte, grattandosi la punta del naso. – Sono io che mi sposo e vorrei scegliere da sola l’abito dei miei sogni. Su questo punto non transigo e non credo che Giulio sarebbe contento di sapere che voi vi siete intromessa in quella che dovrebbe essere una mia scelta.
     La contessa strinse il ventaglio quasi fino a spezzarlo, probabilmente desiderando che fosse il suo collo. – Ti credi di essere già la padrona, non è vero? – sibilò, fissandola con odio. – Solo perché sei riuscita a incantare mio figlio con le tue moine…
     – Adesso basta! – Sara era davvero infastidita. Puntò i piedi per terra, le mani strette sui fianchi in atteggiamento di sfida. Non le importava delle persone intorno a loro che stavano sgranando gli occhi allibite, bisbigliando fra loro. – Se non potrò avere l’abito che desidero, mi sposerò coi vestiti che avevo quando sono arrivata qui. Non indosserò qualcosa di pacchiano e ridicolo solo per farvi piacere.
     La vide tremare come se cercasse di contenere la rabbia, ma alla fine cedette. – E sia – concesse con una tale furia nello sguardo da incendiare un’intera foresta. – Vada per l’abito crema.
     Sara sorrise soddisfatta. – Bene.
     Il resto della mattinata passò in fretta, fra prove di abiti, biancheria intima, scarpe e quant’altro. Alla fine risultò quasi divertente, come quando nel ventunesimo secolo usciva con le amiche a fare shopping. Si accorse solo in quel momento che non avrebbe potuto condividere quel momento con nessuna di loro. Non avrebbero neppure saputo del suo matrimonio o del fatto che si era innamorata e stava provando qualcosa di molto simile alla felicità. Ricacciò indietro le lacrime e si costrinse a sorridere. Non voleva pensarci ora e rovinare uno dei momenti più importanti della sua vita.




* * * * * * * * * *

Quando uscirono dal negozio era ormai quasi l’ora di pranzo e lo stomaco di Sara cominciò a brontolare poco dignitosamente. Attraversò la strada, guardandosi attorno con attenzione per non finire travolta da una carrozza, e precedette la futura suocera che stava arrancando dietro di lei, agitando il ventaglio sul viso accaldato.
     Fu in quel momento che lo vide. Un ragazzo dal viso fin troppo familiare camminava con la schiena ricurva, vestito con una maglietta nera e un paio di jeans sdruciti. Stava cercando di farsi notare il meno possibile, ma gli sguardi incuriositi delle persone attorno a lui lo seguivano come dei radar. Sarebbe stato impossibile non accorgersi di lui.
     – Mario! – esclamò Sara a voce alta, il cuore che le batteva contro le costole. Non riusciva a crederci. Era anche lui lì? Forse c’era qualcun altro della loro classe perso nel tunnel del tempo? Lui si voltò all’istante, sul viso un’espressione intimorita e allo stesso tempo sorpresa. Sbatté le palpebre un secondo, prima di riconoscerla e cambiare direzione per raggiungerla. Ma in quello stesso istante una mano le arpionò il braccio come una morsa.
     – Sei per caso impazzita? – le alitò in faccia la contessa. – Vuoi dare spettacolo in mezzo alla strada?
     Stava per ribattere che conosceva quella persona, ma lei non le diede il tempo. La trascinò, incurante delle sue urla di protesta, fino alla carrozza che li attendeva dall’altro lato della strada. La sospinse all’interno e Sara si ritrovò a cadere sul sedile imbottito, senza alcuna possibilità di fuga. Lo sportello della vettura si chiuse dietro di lei mentre il cocchiere faceva partire i cavalli. Sara mise la testa fuori dal finestrino, cercando Mario con lo sguardo. Provava qualcosa di molto simile al panico. Lo vide fissarla allibito e rincorrere la carrozza per un po’, ma i cavalli erano troppo veloci e dovette desistere.
     Lacrime pungenti le offuscarono la vista e le scacciò con un gesto rabbioso della mano. Maledizione, l’aveva perso! Quello era l’unico contatto con la sua vecchia vita e non aveva la più pallida idea di come rintracciarlo. Ricadde sul sedile con una sensazione di gelo nelle ossa, nonostante la temperatura esterna sfiorasse, a occhio e croce, i trenta gradi.
     Doveva fare qualcosa per mettersi in contatto con lui. Ma cosa?

* * * * * * * * * *

Giulio entrò nel suo studio con alcuni libri mastri da esaminare. Aveva trascurato le sue proprietà e le terre dei Nardò troppo a lungo, ma aveva intenzione di rimediare. Solo che per farlo, avrebbe dovuto capirci qualcosa del lavoro svolto dal proprio amministratore.
     Sospirò, sollevando lo sguardo, e quasi rimase impietrito nel vedere Sara raggomitolata sulla sua poltrona, gli occhi rigati di lacrime. – Cosa è successo? – chiese, posando all’istante i libri che aveva sottobraccio. Si inginocchiò ai suoi piedi, cauto. Con Sara non sapeva mai come comportarsi. Poteva irradiare dolcezza, fare le fusa come una gatta oppure esplodere come un fuoco d’artificio.
     Lei tirò su col naso, pulendosi con la manica del vestito. – Niente. Solo un po’ di malinconia.
     Gli occhi di Giulio si addolcirono. – Mia madre è stata troppo dura con te? Ho sentito dire che avete avuto un diverbio per la scelta del tuo abito da sposa.
     Sara annuì, l’aria un po’ depressa. – Voleva scegliere al posto mio, ma io non gliel’ho permesso. Immagino che sia piuttosto in collera.
     Lui allungò una mano per sfiorarle i capelli. Alcuni riccioli ribelli le erano sfuggiti dall’acconciatura, donandole un’aria disordinata e incredibilmente sensuale. Deglutì, incapace di distogliere lo sguardo. – Non badare a mia madre. È sempre stata abituata a dirigere tutti noi con la bacchetta, ma dopo le nozze sarai tu la contessa, l’unica padrona di questa casa e del mio cuore.
     – Questo dovrebbe tranquillizzarmi? – Sara fece un sorriso timido che gli fece provare una strana sensazione, molto simile all’affetto.
     – Non saprei. Tu cosa ne dici?
     Lei scrollò le spalle. – Non ne so nulla di come si conduca una casa come questa né di come si organizzino ricevimenti o di come si mandino gli inviti per il tè alle famiglie aristocratiche della città. Tutto sommato, non credo che tu faccia un buon affare sposandomi.
     Giulio si lasciò sfuggire una risatina. – Ti confesso una cosa: io odio i ricevimenti e i raduni delle signore dell’alta società. Per tutto il resto c’è Matilde, la nostra governante. Saprà consigliarti al meglio, vedrai.
     – Quindi non sei pentito della tua scelta? – Sara inarcò un sopracciglio in un modo che gli parve buffo e dolcissimo allo stesso tempo. Si avvolse un suo boccolo attorno al dito, fingendo di riflettere.
     – Uhm, vediamo…hai detto che non sai organizzare ricevimenti o scrivere inviti… immagino che tu non sappia neppure come ci si comporta in società, giusto?
     Lei scosse il capo, facendo danzare i suoi riccioli attorno al viso a forma di cuore. – Assolutamente no.
     Giulio si finse sempre più perplesso. – E che non sai cavalcare già lo so.
     – Detesto i cavalli – ammise lei, sincera. Era bellissima mentre lo fissava con quell’ingenuità disarmante che lui sapeva trasformarsi in pura passione solo per un suo tocco.
     Le afferrò la nuca con la mano, attirandola più vicino. – Dimmi allora, cosa sai fare per essere una sposa degna di questo nome?



     Le loro labbra erano così vicine che Giulio provò un tale desiderio da rendergli difficile anche solo respirare. Infine Sara lo baciò. Un bacio lieve, appena uno sfioramento di labbra che tuttavia si intensificò, incendiandogli i sensi in modo devastante.
     Dio mio, se sapeva baciare!
     La sua lingua si insinuò all’interno della bocca di lui e il suo sapore dolce gli diede alla testa.
     – So fare questo – mormorò, le guance leggermente arrossate. – So che non è molto, ma…
     Lui si schiarì la voce. Non era sicuro di riuscire a proferire parola, prima doveva ricordarsi di respirare. – Cielo, Sara… mi stai uccidendo, lo sai?
     – Era solo un bacio – ridacchiò, scostandosi un ciuffo dalla fronte.
     – Solo un bacio? – le fece eco lui, afferrandole la mano candida e posandosela sull’inguine. – Guarda cosa mi ha fatto il tuo bacio.
     La vide diventare di un rosso scarlatto davvero delizioso. – Wow! Il tuo amico qui è già sull’attenti.
     Giulio la fissò traboccante di passione. – Non credo di riuscire a resistere per un’intera settimana.
     Lei assunse un’aria pensosa e allo stesso tempo birichina. – Sei sicuro che dobbiamo restare in astinenza completa fino alle nozze? Non possiamo concederci neanche un po’ di petting? – Si morse il labbro in maniera provocante, suscitandogli un brivido lungo la schiena.
     Giulio ansimò. – Cos’è che non possiamo concederci? Temo di non capire…
     – Ehm, petting… come dite voi? Preliminari? Le coccole che precedono l’atto sessuale?
     Ebbe la sensazione che l’aria gli fuoriuscisse dai polmoni. Dio mio, aveva capito male o gli stava proponendo di… – Sei una strega tentatrice, lo sai? No, niente preliminari. Ai fidanzati non è concesso nulla di più di qualche bacio rubato.
     Sara sbuffò con aria un po’ comica. – Che palle! – disse, facendogli corrugare la fronte. Ecco che se ne usciva di nuovo con quelle sue frasi bizzarre. Tuttavia, era decisamente adorabile.
     – Dunque ti è passata la malinconia? – le chiese, sforzandosi di cambiare argomento. Si stavano addentrando in un terreno pericoloso e il suo uccello era già fin troppo teso e dolorante.
     Lei sorrise e si alzò. – Sì, va molto meglio ora. Ti lascio lavorare.
     E chi sarebbe riuscito a lavorare ora? Ma non disse nulla. Si limitò a fissarla mentre si allontanava, dondolando quel suo irresistibile fondoschiena. A quel punto quel che gli serviva era un bel bagno nell’acqua gelata. Forse due.